Una lettrice racconta: orde di ubriachi e maleducati, al Pronto Soccorso come gli olandesi a Roma

di 

1 marzo 2015

Da una nostra lettrice, Donatella Ciavarroni, insegnante, riceviamo una lunga lettera che pubblichiamo integralmente. E’ il resoconto dettagliato, vissuto in prima persona, del sabato sera appena trascorso al Pronto Soccorso di Pesaro. 

La febbre del sabato sera

 

Pronto Soccorso Pesaro

Pronto soccorso di Pesaro

Le 00.45 del 1-03-2015 presso Ospedale San Salvatore di Pesaro. Notte trascorsa al Pronto Soccorso per cure sanitarie urgenti. Arrivo intorno alle 00.45, tutto tranquillo, una manciata di persone già in cura. Tutto scorre, stranamente, nella calma di un sabato notte. Ad un certo punto, gravi emergenze implicano l’utilizzo pieno e riunito di tutto il personale. Per i pazienti meno gravi inizia una lunga attesa, ma tranquilla. Mi chiedo come mai di tutto questo silenzio e mi tornano alla memoria le parole di una mia amica medico con esperienza in medicina d’urgenza, la quale sosteneva che il “bello”, in genere, arriva tra le 2 e le 5 del mattino.

Parole sante. Ecco arrivare, verso le 2-2,30 del mattino, tre baldi giovani in preda all’ebrezza dell’alcol. A mala pena stanno in piedi. Li osservo parlare con gli infermieri dell’accettazione e capisco che ci sono guai in arrivo. Anche gli infermieri, grazie alla loro esperienza, comprendono che potrebbe succedere qualcosa, prendono il nominativo della persona che ha bisogno di cure e li invitano ad accomodarsi in sala d’attesa, non senza avvisare i responsabili del reparto sul fatto di nutrire qualche preoccupazione. Fin qui tutto procede, fin quando il gruppo non aumenta di numero e di ebbri, che vengono a dar manforte all’amico in difficoltà. Solo che i richiedenti aiuto sarebbero numericamente molti di più, ma non se ne rendono neanche conto. Iniziano a scaldarsi per l’attesa che dura da una mezz’oretta e intanto entrano ed escono dal reparto, facendo da padroni, come ignari di dove si trovino.

Ad un certo punto l’alcool e, credo anche un cocktail di altro, esplode nella sua inevitabile reazione fisica, richiedendo la necessità per ciascuno di essi dell’uso dei servizi igienici, che da lì a breve di igienico non avranno più nulla. Inizia infatti una coda per espellere il diavolo che si è insinuato nei loro corpi e nei loro cervelli e cominciano a perdere la pazienza perché è tardi e devono tornare a casa. Danno inizio allo show urlando, battendo poltroncine, insultando le forze dell’ordine, gli infermieri e tutto il personale, accusandoli di non essere nel pieno del loro lavoro e che non essendoci nessuno ad aspettare, non capiscono cosa dovrebbero attendere. Inutile cercare di parlare e spiegare che ci sono due giovani gravissimi, in condizioni disperate e che tutto il personale a loro deve tutta l’attenzione. Ma gli alticci non vedono dove siano queste persone gravi e non credono a nessuno. Sono loro ad avere bisogno di priorità di cura, visto che pagano le tasse. Ma non basta, esigono l’immediato trattamento sanitario tirando fuori banconote per pagare la prestazione senza dover aspettare, lanciandole contro il personale. Si comprende che la situazione è in via di degenerazione, ma noi accompagnatori dei pazienti in attesa ci sentiamo abbastanza tranquilli perché le forze dell’ordine sono lì presenti.

Sono le tre e mezza del mattino, di lì a poco arrivano altri brilli, malfermi, ottenebrati e sanguinanti trasportati dal 118, quasi tutti coinvolti in risse, quindi reduci da scazzottate, sprangate e quant’altro. Esplode la situazione, il primo richiedente aiuto perde la pazienza e torna ad urlare non comprendendo cosa debba aspettare dal momento che ha le tasche piene di soldi per pagare. I suoi amici gli danno man forte. Qualcuno un po’ più lucido, seppur traballante, cerca di mediare tra personale e l’amico, non riuscendo ad ottenere alcun privilegio, si alzano i toni contro il personale che li invita con la massima educazione ad aspettare fuori.

Intanto l’ultimo arrivato sanguinante minaccia di farsi giustizia per ciò che gli è stato fatto e contatta i suoi amici per cercare il responsabile e vendicarlo. Poi il cellulare si frantuma e non comunica più con nessuno. Toglie le bende che gli infermieri hanno messo come prima cura, si arrabbia, si toglie tutto, lancia ovunque tutte le sue garze e vestiti insanguinati, riducendo il Pronto Soccorso un putridume. Le persone che arrivano sono costrette a camminarci sopra perché il personale non riesce a far tutto. Intanto il gruppo ormai numeroso continua nella sua insania e le forze dell’ordine cercano di calmare gli animi con il dialogo, vengono insultate, non riescono a placare in alcun modo tutta questa follia.

I pazienti sono agitati e noi accompagnatori iniziamo ad avere paura, specialmente quando, in un’altra escalation di eccessi, uno del gruppo dà una testata ad un portantino che reagisce a parole, educate sottolineo. Per istinto mi alzo, sono ad un metro da me e dico al ragazzo: “Ehi, basta, un po’ di contegno!”. Spiego che noi siamo lì dalle 23, allora mi chiede se è giusto aspettare tanto tempo, se non siamo arrabbiati. Rispondo che è normale, che ci sono delle priorità di intervento e che ci sono due pazienti gravissimi a cui l’ospedale deve tutta l’attenzione possibile per salvare loro la vita. Si ferma, mi guarda, mi sorride e mi fa un gesto per scusarsi. Gli altri continuano, alzano le mani, il personale e le forze dell’ordine rimangono inermi, sotto gli occhi esterrefatti di pazienti e accompagnatori.

Verso le 4 vengono chiamati alle cure il primo pervenuto e il secondo sanguinante. Arriva un po’ di calma, anche se il soggetto giunto per primo tra gli ebbri, urla contro il medico e pretende ancora la priorità di trattamento in cambio di banconote. Intanto, per motivi esterni ai fatti narrati, arrivano altre forze dell’ordine. Ho la sensazione che avere sei agenti tra carabinieri e polizia possa attenuare la cosa. In realtà sono tutti impotenti e lo sconcerto dei presenti sale.

Approfitto di questa calma apparente per avvicinarmi alle forze dell’ordine e chiedo cortesemente un chiarimento, come cittadina che, in un contesto ospedaliero, quindi già debole per un deficit di salute e dove dovrei essere tutelata al massimo, chi svolge il ruolo di controllo e messa in sicurezza dei cittadini, non abbia mosso una foglia per ripristinare l’ordine. Mi sento rispondere che il luogo è pieno di telecamere e che qualunque mossa loro possano fare contro questi baldi giovani, potrebbe ritorcersi contro le forze dell’ordine stesse. Quindi chiedo: “come posso sentirmi tutelata ed in sicurezza, se voi avete le mani legate?” Mi rispondono: “queste sono le leggi italiane!” Sono sempre più sconcertata. Mi accerto, quantomeno ci sia una denuncia contro tutto il gruppo. Mi assicurano che scatteranno le denunce per ognuno di loro.

Mentre, finalmente, anche noi siamo all’attenzione dei medici, si alzano di nuovo i toni. Il sanguinante si agita perché l’operatore ospedaliero sta ripulendo il pavimento e non accetta che altri possano pulire il suo sangue. Vuole farlo lui. Né poliziotti, né carabinieri riescono a fargli capire che è compito del personale addetto…

Arrivano altri feriti da risse, quasi tutti giovanissimi, hanno mani e volti spaccati. Ci guardiamo e ci parliamo con i presenti e ci chiediamo se questa è la fotografia della nostra società attuale, chi è responsabile di tutto questo e cosa facciano le Istituzioni che continuano a chiederci fiducia. Non sarà che hanno ragione quei dieci ubriachi, molti di loro stranieri, forse emarginati dalla società e non considerati, come la maggior parte dei cittadini, che cercano dove non dovrebbero l’unico momento per sentirsi dei leoni?

Con questo non voglio giustificare, ma sono un’insegnante e mi chiedo quale sia il messaggio da dare alle nuove generazioni. Ci chiedono di educare, ma educare come? Dovremmo dire a tutti che siamo al sicuro, protetti, perché lo Stato predispone la sicurezza di tutti o come afferma chi è preposto a tale ruolo a dire che non è così?

Sono le 5 del mattino, per fortuna ce ne torniamo a casa, lasciando un clima ancora molto acceso e con una sensazione di sconfitta.

I tutori della legge sono i primi ad essersi arresi. Voglio ricordare i fatti di piazza di Spagna a Roma, 30-40 ubriachi olandesi in balìa dell’alcol e della follia con centinaia di agenti inermi. E di fronte ad un attacco terroristico, potremo sentirci al sicuro? Se non sappiamo tenere a bada dieci ragazzini euforici, o un’orda di tifosi, che io definisco hooligans, quale garanzia di protezione ci dà il nostro governo? Credo che tutti abbiamo diritto a delle risposte.

3 Commenti to “Una lettrice racconta: orde di ubriachi e maleducati, al Pronto Soccorso come gli olandesi a Roma”

  1. samuela scrive:

    Beh, la risposta è stata già data, tutto quello che fai ti si ritorce contro. Una volta se punici uno studente il genitore a casa dava ragione all’insegnante, ora da ragione, a prescindere, al ragazzo inveendo contro l’insegnante, e così funziona per le forze di polizia sono tutelati i malviventi e non i garanti dell’ordine!

    • sara scrive:

      Donatella le Forze dell’Ordine non si sono arrese come credo lei non si sia arresa davanti a maleducazione, bullismo e quant’altro nei suoi anni di insegnamento. Samuela ci dice chiaramente che quello che si fa rischia di ritorcersi contro e questo e’ il grande limite per gli operatori della Sicurezza e non solo. Le assicuro che lei, testimone di incivilta':il non rispetto verso l altro, il malato, il luogo di cura e il personale sanitario e di sicurezza, mentre era rientrata nella sua casa, altri incontrati e non tra le Forze dell`Ordine erano ancora al lavoro nel Comando su tale vicenda invece di ritornare dopo ore dal loro fine turno dalle loro famiglie.

      • donatella ciavarroni scrive:

        Spero di non esser stata fraintesa. Ho ritenuto gravissimo i fatti vissuti in prima persona e ho ritenuto che i fatti stessi venissero alla luce per capire che ogni giorno, in ogni momento, possiamo trovarci in situazioni analoghe e quando meno ce lo aspettiamo. Io nutro il massimo rispetto per i tutori della legge. So quanto lavoro ci sia dietro ad una divisa, io sono con le forze dell’ordine o sarei un delinquente di strada altrimenti. Credo nella legalità assoluta e nel rispetto assoluto delle regole. Questo mi è stato insegnato e questo insegno (o cerco di insegnare, per i limiti imposti anche alla mia professione) ogni giorno. La mia costernazione di fronte ai fatti, credo sia lecita e l’impotenza di chi era presente, non è certo colpa di chi l’ha dovuta mettere in atto in quel momento, ma di un sistema che, necessariamente, deve essere modificato per il bene collettivo. Grazie a tutti per i commenti, pronta alla discussione e allo scambio di opinioni.

Lascia una risposta

L'indirizzo email non verrà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

È possibile utilizzare questi tag ed attributi XHTML: <a href="" title=""> <abbr title=""> <acronym title=""> <b> <blockquote cite=""> <cite> <code> <del datetime=""> <em> <i> <q cite=""> <s> <strike> <strong>