6 novembre 2012
PESARO – Saranno pure ragazzi de sta Roma bella e fatti cor pennello, ma la penna invece la usano ancora per fare gli scontrini. Ecco quanto accaduto al nostro indignado speciale Lorenzo Chiavetta, a fine cena, in una nota trattoria della periferia capitolina.
Facciamo alla romana? No, in nero. Lo scontrino? Un foglio di carta con la cifra scritta a penna. Che fa molto anni ’80 e stride invece profondamente con i maxi blitz della Finanza nei mesi scorsi. Una casualità? No, è successo per due volte di fila nel giro di un mese. Alla faccia della società dei magnaccioni: il malcostume tutto italiano continua alla grande. E noi paghiamo.
Evidentemente c’è sempre chi fa il furbo. Anzi, il magnaccione.
Ricordiamo, già che ci siamo, che la legge in questione sulla mancata erogazione di uno scontrino non è proprio così stringente: la sanzione per mancata emissione di ricevute fiscali, scontrini fiscali o documenti di trasporto o per l’emissione di tali documenti per importi inferiori a quelli reali, è pari infatti solo al 100% dell’imposta corrispondente all’importo non documentato. In pratica si pagherà quanto si è evaso.
Tuttavia tale sanzione non può essere inferiore ad un minimo di 516 euro. Pertanto il contribuente dovrà pagare tale cifra anche se l’imposta da lui evasa è di valore inferiore.
E’ però prevista la possibilità di aderire alla definizione agevolata, pagando, entro il termine previsto per presentare il ricorso (60 gg), un importo pari a un quarto della sanzione irrogata. Fate voi.
A riguardo abbiamo un’idea precisa: solo quando si darà la possibilità ai cittadini, anche non possessori di partita iva, di poter scaricare parte dei consumi come cene, abbigliamenti o spese varie, avendo quindi un reale incentivo a richiedere sempre lo scontrino, difficilmente si cambierà questo italico e sistematico aggiramento del fisco. I primi controllori devono essere i clienti ma oltre al senso civico si deve dare a questi la possibilità di aver un reale giovamento.
A tale riguardo vale la pena di ricordare anche che per il consumatore lo scontrino fiscale non è obbligatorio: oggigiorno non si rischia alcuna multa se non lo si porta con sé e non si è tenuti ad esibirlo. Una volta, invece, era diverso: il cittadino-cliente che dimenticava di ritirare lo scontrino fiscale o la ricevuta era soggetto a una multa salata. Lo scontrino fiscale è andato in pensione dopo 20 anni con l’entrata in vigore del decreto legge numero 269 del 2 ottobre 2003.
I commercianti e gli artigiani (titolari di reddito d’impresa e di lavoro autonomo) sono tenuti sempre a rilasciare lo scontrino, anche se il cliente non ne fa esplicita richiesta. È importante ricordare che lo scontrino rimane la principale ed essenziale prova d’acquisto: è una garanzia sulle merci comprate e quindi si consiglia di richiederlo sempre quando sia che si acquistino beni di scarso valore che merci di valore o soggette a garanzia.
Lo scontrino fiscale è valido come garanzia d’acquisto su tutti i beni di consumo, vale 24 mesi a partire dalla data di rilascio e aumenta di due mesi se il difetto si manifesta negli ultimi giorni di validità della garanzia legale. Lo scontrino fiscale deve essere presentato, se richiesto dal venditore, quando si deve far riparare o sostituire il bene acquistato. Se quest’ultimo non può essere sostituito lo scontrino consente in genere una riduzione del prezzo o la risoluzione del contratto.
Come segnalato sul sito della Guardia di Finanza, lo scontrino fiscale deve contenere i seguenti elementi:
- dati identificativi dell’esercente l’attività commerciale (denominazione, ditta o ragione sociale o cognome e nome);
- numero di partita IVA e ubicazione dell’esercizio;
- corrispettivo, data, ora di emissione e numero progressivo;
- logotipo fiscale ” MF “, seguito da una serie di lettere e numeri.
I romani non sono tutti così, tutti evasori. Ci sono intere famiglie di ristoratori che stanno con fiato corto proprio perché rispettano le regole, soprattutto nel centro storico della capitale che vuoi o non vuoi è il biglietto da visita più visto.
E ci sono romani (io sono tra questi) che s’incXXXXXano con questi altri conterranei proprio perché rovinano l’immagine di un’intera città. Dunque un po’ ingeneroso l’articolo, che non fa nemmeno una timida distinzione tra questi furbetti del quartierino periferico e il resto della città. Ma è un cliché che purtroppo è ricorrente in tutto il resto dello Stivale, dunque un “errore” a volte inevitabile. Vabbè, come ha detto anni addietro qualcuno molto (ma molto) importante: damose da fa’.
Ps: visti i prezzi alti e il fatto che il locale è in periferia, non è che fosse “dai ladroni”? ehehehe
Gentilissimo, mi trovi d’accordo. Non sono tutti evasori (ci mancherebbe) ma tutto il mondo è paese (purtroppo). Qualche mese fa, per esempio, avevo scritto di un bar periferico di Fano (che non è certo Roma) che per un espresso al tavolo faceva pagare 2.50 euro. Piccola somma, certo, ma emblematica. Perché qui, da noi, il caffè varia da 90 centesimi a un euro….