di Redazione
30 giugno 2023
PESARO – È pesarese il più bel fossile delle Marche. Una libellula del San Bartolo che 6 milioni di anni fa ha lasciato l’impronta della sua delicata e fragile eleganza nella falesia di monte Castellaro. L’esemplare, unico al mondo, ha conquistato il podio come primo reperto, definito un piccolo gioiello, al concorso nazionale indetto dalla Società paleontologica italiana per il fossile simbolo di ogni regione.
Nella sfida locale cinque erano le antichissime ”orme” in gara: un ittiosauro o rettile marino, due ammoniti e un cranio di ippopotamo provenienti dai principali musei naturalistici marchigiani. Ma la libellula ha conquistato la gran parte dei votanti nella selezione online. In realtà si tratta di una damigella, insetto simile alla libellula, ma più piccolo e meno abile al volo.
È l’unico esemplare rimasto di questa specie tra i sedimenti finora conosciuti. “Italolestes stroppai”, il suo nome scientifico, è stato ritrovato nel giacimento fossilifero di monte Castellaro da Gabriele Stroppa Nobili, dal cui cognome deriva la denominazione, e fa parte delle collezioni del Museo paleontologico “Lorenzo Sorbini” di Fiorenzuola di Focara, al quale si affiancano i reperti di Santa Marina Alta. Raccolte uniche di molte centinaia di fossili alcuni dei quali ancora poco studiati.
Mentre altri, come le impronte dei pesci, sono saliti alla ribalta internazionale per lo studio del Disseccamento del Mediterraneo, 6 milioni di anni fa. Vale a dire la tesi di laurea e dottorato della professoressa Nicoletta Bedosti, curatrice del museo e referente tecnico scientifico per la Paleontologia del Parco San Bartolo.
Al momento le collezioni non sono visitabili perché l’itinerario, allestito nel 2008 nell’antico palazzo comunale, non è stato più riaperto dopo la pandemia, tranne che per qualche visita scolastica.
Della vittoria sulle ali della libellula si fa vanto l’Ente Parco naturale del San Bartolo che vorrebbe cogliere l’occasione del primo premio per aprire un nuovo percorso culturale di valorizzazione dei reperti e accorpare tutti gli esemplari ritrovati nella falesia per dare vita a un museo dei fossili di monte Castellaro, sotto la supervisione della Soprintendenza. Una testimonianza unica della vita nel periodo Messiniano delle Marche tra i 6 e i 5 milioni di anni fa.
«Questi sono documenti preziosi delle forme di vita più antiche presenti sul San Bartolo – sottolinea il presidente del Parco Silvano Leva, eletto come rappresentante degli agricoltori della riserva -, i nostri fossili consentono infatti una ricostruzione più affidabile, rispetto ad altri giacimenti coevi, dal punto di vista botanico e climatico. Questo perché eccezionale è lo stato di conservazione per quanto riguarda il dettaglio delle nervature delle foglie. Non da meno sono le ali della libellula che ha vinto il concorso. Vorrei che si aprissero finalmente gli occhi su questo tesoro».
Fondamentale la «necessità di individuare una collocazione adeguata ai fossili che si trovano a Santa Marina Alta per impedirne il deterioramento, insieme alla riapertura delle collezioni di Fiorenzuola di Focara. Ritengo anche che i nostri reperti andrebbero resi disponibili a un pubblico più vasto con esposizioni virtuali attraverso siti web e profili social». Un progetto che si inserisce nella mission di salvaguardia e valorizzazione degli aspetti antropologici, storici, paleontologici e archeologici dell’area protetta del San Bartolo.
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