“Non credo in niente”. L’opera prima di Alessandro Marzullo presentata in anteprima alla Mostra del Nuovo Cinema.

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25 giugno 2023

Noemi Murgia

PESARO – “Non credo in niente” è sicuramente un titolo che suscita curiosità. Si può non credere in niente? I protagonisti del film, scritto e diretto da Alessandro Marzullo, sembrano non credere più nella possibilità di inseguire i propri sogni, impegnati a sbarcare il lunario facendo lavori che non danno loro nessuna soddisfazione. Questi sono i giovani, e il mondo ne è purtroppo pieno, che oggi vengono incolpati di non fare quei sacrifici beatificati da chi in genere non li ha fatti, e li romanticizza a suon di qualunquismo da talk show.

Il film è ambientato a Roma, ma non nella città caotica, rumorosa, dove splende quasi sempre il sole che siamo abituati a vedere. Quella di Alessandro Marzullo è una Roma notturna, cupa, sporca. Potrebbe essere qualunque grande città, se non fosse per il chiosco di panini di uno dei protagonisti, interpretato da Lorenzo Lazzarini, che serve i clienti dispensando quelle perle di saggezza come solo i romani veraci sanno fare. Ad esempio dicendo quanto sia difficile trovare film per cui valga la pena di spendere i soldi del biglietto. Considerato che Lazzarini è anche produttore del lungometraggio, si capisce l’ironia di tale affermazione.

noncredoinniente-filmQuello che a un certo punto stupisce durante la visione del film è che i protagonisti non stanno sempre attaccati al telefono, sui social, sulle chat, a scattarsi selfie. Una scelta precisa, considerato che gli stessi interpreti, durante l’incontro con la stampa, dichiarano quanto non gli piaccia una società in cui le persone preferiscono interagire tramite uno smartphone piuttosto che nel modo più umano possibile, parlando tra loro. Una delle protagoniste, Jun Ichikawa, racconta con dispiacere quello che vedeva fare anni fa nel suo paese, il Giappone. Tecnologicamente più avanti da sempre, già anni fa lì si vedevano gruppi di persone, amici, stare insieme senza essere davvero presenti, ma con lo sguardo rivolto ognuno al proprio smartphone. Oggi è realtà anche qui.

In netto contrasto con un mondo sempre più individualista si è svolta la lavorazione del film, come afferma l’attrice Renata Malinconico, ricordando l’incredibile lavoro di squadra svolto.

“Non credo in niente” è un film in cui la vita dei protagonisti si svolge in quella che Zygmunt Bauman ha definito società liquida. Quella società in cui regna il consumismo, dove chi non consuma si sente escluso perché non produce profitto. 

Il personaggio interpretato da Demetra Bellina, bella e malinconica, dice che l’amore è per i poveri, e che lei invece vuole diventare ricca. Lo dice al portiere di notte dell’albergo in cui alloggia, chiaramente invaghito di lei. L’ambientazione della scena fa pensare a un altro film in cui la solitudine e la difficoltà di comunicare sono protagonisti, “Lost in translation” di Sofia Coppola.

“Non credo in niente” non ha un finale inteso alla vecchia maniera, quello in cui si vede o capisce che direzione prende la vita dei protagonisti. Ci sono momenti drammatici, momenti divertenti, momenti teneri. In un mondo in cui comunicare è sempre più difficile, e in cui a volte si rivolgono agli altri parole più che altro rivolte a sé stessi, e in cui si preferisce respingere qualcuno invece di attrarlo, uno dei momenti più belli è quando due dei protagonisti suonano, schiena contro schiena, facendo parlare la loro musica, in una scena nata per caso nel backstage e poi rifatta sul set.

La colonna sonora è chiaramente parte integrante della narrazione.

Il film è stato girato in dodici notti, ma la sua lavorazione si è svolta in tre fasi nell’arco di otto mesi. È un progetto in cui hanno creduto fortemente gli attori, e in cui ha ovviamente ha creduto il direttore artistico della Mostra, Pedro Armocida, portandolo a Pesaro in anteprima mondiale. A settembre uscirà nelle sale italiane; per il mercato estero è stato previsto un cambiamento del titolo, che sarà “Unbelievers”, cioè quelli che non credono. Sul sito del film è presente la sezione shop, in cui è possibile acquistare il merchandising. In Italia questa forma di marketing non è molto diffusa, ma va riconosciuto che l’idea è interessante. Se chi va a un concerto, una mostra, un festival, si porta a casa un ricordo, perché non portarsi a casa anche il ricordo di un film?

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