“I cammini dei sogni”, il libro di Luciano Murgia sulle vie per Santiago. Prefazione di Alex Schwazer

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7 giugno 2023

PESARO – È in arrivo nelle librerie italiane l’ultimo impegno di Luciano Murgia. Il nostro storico collaboratore sia in campo sportivo sia nel mondo del Rossini Opera Festival ha scritto I cammini dei sogniDue piedi raccontano le vie per Santiago. Il libro racconta la trasformazione di un giornalista, un tempo tabagista e sedentario, diventato appassionato camminatore, tanto da andare cinque volte a Santiago de Compostela, una delle mete, con Roma e Gerusalemme, dei grandi pellegrinaggi cristiani.

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“In verità, pure di famiglia molto religiosa – uno zio paterno prete e mio padre più volte pellegrino a Lourdes con il treno bianco dell’Unitalsi (Unione Nazionale Italiana Trasporto Ammalati Lourdes Santuari Internazionali) – ho perso il dono della Fede, ma nutro grande rispetto per chi è praticante e non nomino mai il nome di Dio invano. Anzi, talvolta provo invidia per chi crede in Dio, qualunque sia il suo dio. A Gerusalemme, visitando la Cupola della Roccia, una delle moschee più care ai musulmani, fui rapito dalla vista di un anziano che pregava: i suoi occhi trasmettevano serenità, fiducia, amore per il prossimo”.

Alla luce di questo sentimento, perché è andato cinque volte a Santiago de Compostela?

“Chiariamo un aspetto importante: non tutti intraprendono il Cammino per motivi religiosi. Come attesta l’Oficina de Acogida al Peregrino, gli uffici di accoglienza ubicati a pochi passi dalla cattedrale di San Giacomo, una discreta percentuale di chi raggiunge piazza Obradoiro lo fa per motivi non religiosi”.

Qual è il motivo che l’ha spinta a fare un lungo cammino?

“La prima volta, il 14 maggio 2016, sono partito da Saint-Jean-Pied-de-Port, Donibane Garazi in lingua basca, paese francese ai piedi dei Pirenei, con l’intenzione di dedicare il Cammino alla memoria di mia mamma, morta il giorno di Pasqua di un anno prima. Quando sono arrivato a Santiago de Compostela, dopo trenta giorni di cammino seguendo l’itinerario francese, il percorso più classico, ho provato una gioia immensa. Prima di tutto per il pensiero rivolto a mia madre, poi per essere riuscito a completare un impegno non facile”.

Quali difficoltà ha incontrato?

“Diverse, a incominciare da quelle proposte dalla prima tappa, una delle più difficili di tutti i Cammini. Ero bene allenato, salendo da mesi, quasi tutti i giorni, sul monte San Bartolo, che ha sentieri impegnativi; quindi, è una bella palestra per preparare il Cammino di Santiago. Eppure, non è agevole passare da poco più di quota 170 del paesino francese ai 1.450 metri del Colle di Lepoeder, e da lì affrontare una discesa che conduce ai 950 metri di Roncesvalles (Orreaga in basco). Se poi ad accompagnarti sono la pioggia, il vento freddo e la nebbia, è spontaneo chiedersi: chi me l’ha fatto fare? Una cosa è allenarsi a casa, anche andando a piedi a Urbino, perché, pure stanco, al ritorno hai una doccia che ti attende, una buona cena, un divano su cui stenderti, un letto già preparato. Un’altra è camminare trenta chilometri, cercare un ostello, fare la coda per la doccia, provvedere alla cura dei piedi, alla sistemazione dello zaino e alla preparazione del letto. Quindi trovare un posto per mangiare. E magari ritrovarsi un vicino di letto che russa così forte che neppure i tappi per le orecchie ti aiutano a prendere sonno, quindi a riposare. In Cammino, come nello sport, il riposo è fondamentale”.

Insomma, tanti problemi.

“Alcuni, non tanti…”.

Come si superano?

“Con la volontà di andare avanti, la gioia di farlo, il piacere di vivere un’esperienza meravigliosa che ti porta a conoscere nuovi luoghi e nuovi amici. Per lavoro o per diletto, sono stato in Spagna, e non sto esagerando, un centinaio di volte, visitando soprattutto le grandi città: Barcelona, Madrid, Malaga, Siviglia, Léon, Valencia, Bilbao, Donostia San Sebastián. Non conoscevo altre realtà. Ho scoperto centinaia di località sconosciute e visitato Pamplona Iruña, Logroño, Burgos, Astorga, Ponferrada limitandomi al Cammino Francese. Ho percorso, spesso in solitudine, sentieri magnifici, salendo e scendendo colli e monti. In solitario o in compagnia, sembra di vivere in un altro mondo, dove non esiste il superfluo che accompagna i nostri giorni, e l’egoismo che caratterizza il nostro tempo è cancellato dallo spirito di condivisione. Oltre alle parole, al Buen camino che si riceve dagli abitanti e caratterizza gli incontri con gli altri caminantes, contano i gesti. Chi soffre e si ferma è aiutato da chi sopraggiunge; chi è alle prese con una vescica – uno degli inconvenienti più temuti – riceve conforto e solidarietà. Mi è capitato più volte di mettere a disposizione di sconosciuti l’antisettico che avevo nella busta di pronto soccorso…”.

Lei ha avuto bisogno d’aiuto?

“Sì. Un giorno, a un paio di chilometri da Triacastela, quando mancava una settimana alla meta, ho accusato un improvviso problema alla schiena che mi faceva barcollare. Vladimir, venezuelano che vive in Florida, si è accorto e, fingendo di essere a sua volta in difficoltà, ha imposto una fermata. Quando ho tolto lo zaino dalle spalle, lui l’ha preso ed è ripartito, facendomi camminare senza peso fino all’ostello. È solo uno dei tantissimi ricordi che saranno sempre nella mia memoria: l’ho raccontato a pagina 73 del libro”.

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A proposito: perché I cammini dei sogni?

“Per me e i miei piedi sono stati cammini da sogno, i viaggi più belli della nostra vita. Tra realtà e fantasia, il primo indizio che avrei fatto il Cammino di Santiago nasce da un sogno ricorrente che lascia immaginare di camminare con sconosciuti che parlano una lingua indecifrabile. La memoria di trasferte in Israele al seguito della Scavolini Basket induce a ritenere potesse trattarsi dell’aramaico, la lingua di Gesù e dei suoi apostoli”.

Altri indizi?

La collaborazione con Alex Schwazer, il campione olimpico di Pechino 2008 nella 50 chilometri di marcia. Ho curato il libro che lui ha scritto per Mondadori: Quelli che camminano. Nell’introduzione, a pagina 9, Alex cita “i pellegrini che, fin dal Medioevo, ogni anno vanno a Santiago de Compostela lungo itinerari diversi…”. Dovevo immaginare che nel futuro ci sarebbe stato, anzi ci sarebbero stati i Cammini di Santiago”.

Il sottotitolo del suo libro è Due piedi raccontano le vie per Santiago. Cosa significa?

“Che sono i piedi a raccontare i nostri cammini. Sono loro i veri protagonisti delle avventure. Per carità, conta molto il lavoro delle gambe e delle spalle che sostengono lo zaino, ma senza i piedi non si va da alcuna parte. Ispirandomi alla scritta Ongi etorri, benvenuti, che accoglie all’entrata dei centri in Navarra e Paese Basco, ai miei piedi ho dato nomi baschi. Ongi è il sinistro, Etorri il destro. Come dice il teologo Vito Mancuso, è scritto a pagina 11, “la parte del corpo con cui penso di più sono i piedi. Essi mi fanno sentire la concretezza delle cose”. Non immaginate quanti discorsi, discussioni, polemiche, rimproveri, ma anche ringraziamenti ho scambiato con i miei piedi durante cinque cammini a Santiago, più quello a Finisterre e nella Via degli Dei”.

Se il primo è stato il Cammino Francese, gli altri quali sono?

“Il secondo è il Cammino Portoghese della Costa, con partenza da Porto. Prima, però, ho fatto quella che a pagina 87 è definita Follia da Cammino. Mi spiego: al termine della prima tappa del Cammino Francese che termina a Roncesvalles Orreaga, infreddolito per la pioggia presa tutto il giorno, avevo necessità di una doccia calda, ma era lunga la fila nello splendido ostello de La Colegiata. Così, ho cercato un letto negli altri alberghi, assai più cari: erano tutti pieni. Mentre parlavo con un addetto al ricevimento, sono entrati due irlandesi, Éamonn e Wasim, a loro volta zuppi di pioggia. L’uomo ha invitato ad andare a Burguete, il centro successivo, a poco meno di tre chilometri. “Sotto questo diluvio?”, ha esclamato un irlandese. L’addetto ha chiamato un taxi. Non ho digerito quei tre chilometri in automobile. Così, prima di raggiungere il Portogallo, ho preso l’aereo Bologna-Barcelona, il treno dalla città catalana a Pamplona Iruña, infine un taxi collettivo con Luca e Claudia, due italiani, e una coppia di uruguagi per andare a Roncesvalles. Da lì, camminando, io e i miei piedi abbiamo recuperato i chilometri non fatti l’anno prima, aggiungendone una trentina. Una follia, dirà qualcuno, ma – ne sono certo – chi ha fatto il Cammino comprenderà”.

Come è il Cammino Portoghese della Costa?

“Per descriverlo, basta una parola portoghese che non ha bisogno di traduzione: maravilhoso. Per la bellezza dei luoghi, incominciando dal camminare sulle passerelle in legno che sovrastano le dune davanti all’Oceano, proseguendo con il cibo e i prezzi decisamente bassi; infine, ultima ma non per importanza, l’accoglienza affettuosa della gente. Pensi che a me, tifoso di Messi, stava per diventarmi simpatico anche Cristiano Ronaldo!”.

Il terzo Cammino?

“Terminato il Portoghese, era fine giugno 2017, ho ipotizzato, come molti pellegrini, di proseguire fino all’Oceano. Però, a Santiago de Compostela c’era grande affluenza e parlando con altri ho recepito che molti si sarebbero diretti a Finisterre. Così ho optato per un’altra opportunità: il Cammino Inglese che parte dal porto di Ferrol e ripercorre la strada dei pellegrini che arrivavano, via mare, dal Nord Europa e dalla Gran Bretagna. È breve, poco meno di 120 chilometri, uno dei Cammini meno frequentati, ma è un inno alla natura della Galicia. Lo consiglio a chi ha intenzione di accontentarsi degli ultimi cento chilometri del Francese per tornare a casa con la Compostela, il certificato di completamento del Cammino. A mio modesto parere, l’Inglese è meglio della parte finale del Francese”.

Si legge spesso di polemiche tra chi fa l’intero Cammino e chi torna a casa con la Compostela pure avendo completato solo l’ultimo tratto.

“Una premessa: i cinque Cammini di Santiago che ho percorso sono completi. Detto questo, chi sono io per dare giudizi? Essendo in pensione, ho avuto il tempo a disposizione per farli dall’inizio alla fine. Ma c’è chi, per motivi di lavoro o di studio, non ha questo tempo. E c’è chi ha difficoltà a stare un mese lontano da casa, oppure non può camminare più di una settimana. Quindi, ritengo che ognuno debba godere del percorso che può seguire. Il Cammino è di tutti, non solo di chi lo percorre dall’inizio”.

Il quarto Cammino?

“Il Primitivo, il più antico, l’originale. Un incanto della natura, con una delle tappe più belle: la Ruta por Hospitales, percorrendo i sentieri dei vecchi ostelli dove pernottavano i pellegrini di secoli addietro. Si parte dalla bellissima Oviedo e, tra Asturias e Galicia, salvo gli ultimi due giorni, quando il Primitivo confluisce nel Francese, si vive nei boschi, tra emozioni continue. Se non si hanno più di due settimane a disposizione per fare un Cammino di Santiago, consiglio il Primitivo. Sarà una scoperta sorprendente. Al termine, sono andato a Finisterre, sotto il diluvio. Mi hanno raccontato che in Galicia la pioggia sembra non mancare mai, tanto che, se c’è il sole, gli abitanti dicono che il tempo è brutto”.

Siamo all’ultimo dei suoi cinque Cammini…

“Il Cammino del Nord, partendo da Irun, in verità da Hendaye, l’ultimo centro francese prima di entrare nel Paese Basco spagnolo. Pensando alle tappe del Nord ho ancora i brividi. Il paesaggio è da cartolina. Ci vorrebbe una pagina per raccontare ogni luogo attraversato, scendendo in riva al mare e risalendo la falesia, sempre con la vista sul Golfo di Biscaglia, salvo quando il cammino va all’interno, verso la struggente Gernika Lumo, la cui tragedia è raccontata da Pablo Picasso nel quadro esposto a Madrid nel Museo Reina Sofia. Da lì a Bilbao, che merita di essere vista camminando: il suo lungofiume, tra il Museo Guggenheim e lo stadio San Mamés, casa dell’Athletic, è un incanto. In un susseguirsi mozzafiato di istantanee sul mare, s’arriva all’affascinante Santander, in Cantabria. Poi a Gijón, nelle Asturie, altra splendida città. Eppure, nel mio cuore ci sono la piccola Luarca, centro di pescatori, e la storica Santillana del Mar, ma anche Villaviciosa, dove un fisioterapista mi ha salvato, rimediando con bravura a una contrattura al gluteo sinistro che impediva di proseguire. In verità, a salvarmi è stato Sergio Scariolo. Fare il nome dell’ex coach della Scavolini, allenatore della Spagna campione del mondo, ha aperto le porte della Clínica de Fisioterapia y Osteopatía Borja Solares, che erano chiuse per mancanza di posto. Così sono riuscito ad arrivare per la quinta volta a Santiago de Compostela”.

Il prossimo Cammino?

“Il Cammino di… San Bartolo, la mia palestra preferita, il mio angolo di paradiso, purtroppo oltraggiato da chi non lo rispetta. Io adoro il Parco naturale del San Bartolo”.

Nell’ultima di copertina del libro si racconta della Via degli Dei.

“È vero, l’ho percorsa due anni fa. È breve come l’Inglese, ma non è seconda ad alcun cammino spagnolo, anzi. Ditemi voi chi può vantare una partenza da un luogo meraviglioso qual è Piazza Maggiore, a Bologna, e un arrivo in Piazza Signoria, a Firenze, uno spazio che è nella storia dell’uomo. E che dire di un percorso che, tra i portici, porta al Santuario di San Luca, scende a valle e poi sale in Appennino, concede una riflessione quando ci si ferma al Cimitero germanico della Futa, dove riposano trentamila giovani soldati, una presenza che rompe il silenzio e urla contro la stupidità della guerra.  Poi attraversa il Mugello, e infine va a Fiesole per ammirare Firenze, una delle più belle città al mondo”.

La prefazione del suo libro è firmata da Alex Schwazer.

“Lo ringrazio ancora una volta. La sua amicizia mi onora. E ringrazio Giulia Mancini, la sua manager, e Giuseppe Sorcinelli, avvocato fanese, che hanno consentito di conoscere Alex, un grande campione, una bellissima persona che da anni lotta contro l’ingiustizia che lo ha colpito nel 2016. Basta guardare la sua storia, sviscerata da Netflix nei minimi dettagli”.

Il suo libro vuole raccontare…

“Una passione infinita per la camminata, lenta o veloce, che stimola ad ammirare le bellezze del paesaggio che ci circonda, soprattutto qui a Pesaro, dove abbiamo tutto, dal mare ai monti. E un amore infinito per la natura, per le piante e per gli animali, per il rispetto dell’ambiente, nel ricordo delle parole di Toro Seduto: Quando avranno inquinato l’ultimo fiume, preso l’ultimo bisonte, pescato l’ultimo pesce, solo allora si accorgeranno di non potere mangiare il denaro accumulato nelle loro banche. Siamo ancora in tempo per dargli ragione?”.

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Grazie, allora, e Buon cammino.

“Grazie a www.pu24.it. Approfitto della vostra ospitalità per alcuni ringraziamenti: prima di tutto all’editore Federico Pancaldi e a Edizioni dei Cammini, che hanno dato fiducia al mio lavoro, e a tutto lo staff, da Angelo ad Alessandro, e a Bruno, autore di una copertina che ha incantato tutti. Un grazie speciale a Giovanni Belfiori, direttore di Passaggi Festival, che mi ha fatto l’onore di concedere la prima presentazione del libro mercoledì 21 giugno, alle ore 19,30, nel Bastione Sangallo di Fano. Un grazie di cuore a tutti i collaboratori dello straordinario appuntamento fanese”.

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