Mostra Internazionale del Nuovo Cinema: Giancarlo Giannini e Pasqualino Settebellezze

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25 giugno 2022

Giancarlo GianniniPESARO – “Pasqualino settebellezze” (1975) è un film che ha fatto la storia del cinema ma che, racconta Giancarlo Giannini, non si doveva fare. Lina Wertmüller non era convinta, pensava a un altro progetto, un film ambientato in un campo di concentramento non era una buona idea, come si fa a far ridere in un film così?

Ma si è fatto, è stato un successo commerciale (come spesso accade agli insuccessi annunciati, basta pensare a film come “Lo Squalo” e “Ritorno al futuro”) e ha fatto ottenere al film quattro candidature agli Oscar, compresa quella per la miglior regia (per la prima volta ottenuta da una regista) e per il miglior attore protagonista.

Giancarlo Giannini, che ha incontrato ieri pomeriggio la stampa, parla con affetto di “Pasqualino Settebellezze”, protagonista della serata della Mostra del Cinema di ieri nella sua versione restaurata, grazie alla Cineteca Nazionale e al contributo di Genoma Films. Con grande sorpresa dei presenti, l’attore ha mostrato il quaderno in cui è stato scritto, in qualche ora, il primo soggetto del film (che è una storia vera, per chi ancora non lo sapesse).

Quello tra Giannini e Wertmüller è stato un sodalizio umano e artistico. Impossibile pensare ai film della regista senza che il pensiero vada a Pasqualino “Settebellezze” Frafuso, Carmelo “Mimì” Mardocheo, o Gennarino Carunchio, tre dei ruoli interpretati da Giannini per Wertmüller che lo volle anche, a inizio carriera, per i musicarelli, insieme a Rita Pavone.

A Lina Wertmüller Giannini dice di dovere tutto, lui che appartiene alla categoria dei grandi attori che sono diventati attori per caso.
Con un diploma di perito elettronico in tasca (Giannini, per chi non lo sapesse, è anche un inventore) si trasferisce a Roma e comincia a studiare recitazione all’Accademia nazionale d’arte drammatica Silvio D’Amico.

Si paga gli studi lavorando come doppiatore, lavoro che tuttora svolge (ormai è la voce italiana di Al Pacino, che ha appena doppiato per una serie), minimizzando la sua bravura dicendo che doppiare un bravo attore non è così difficile, al contrario di quello che si possa pensare, e che la sua conoscenza dell’elettronica lo ha facilitato nello svolgere questo mestiere (quando microfoni e registratori erano diversi da quelli di oggi).

Ricorda che il cinema è finzione, e il bello è proprio quello, e per definire l’attore cita le parole di Jean- Louis Barrault, interprete di quello che è considerato il capolavoro del cinema francese, “Les Enfants du paradis” (1945) di Marcel Carné (uscito in Italia con

l’assurdo titolo di “Amanti perduti”, mentre il titolo originale si riferisce agli spettatori del loggione). “L’attore è colui che con il suo movimento incide uno spazio e con la sua voce incide il silenzio”.

Oggi si tende a parlare del cinema che ha fatto la storia come di qualcosa di sacro, magico. Invece Giannini racconta, ad esempio riferendosi al neorealismo, di come scelte considerate artistiche non siano state altro che esigenze dettate dalle condizioni con cui bisognava lavorare nel dopoguerra, quando mancava l’elettricità nei teatri di posa ed era necessario girare in esterna (Cinecittà era, inoltre, occupata dagli sfollati rimasti senza casa in seguito ai bombardamenti) per ovvi motivi pratici.

Ricorda di come ai suoi tempi ci si divertisse molto durante la lavorazione dei film, (d’altronde raramente ci si rende conto di star contribuendo alla creazione di qualcosa d’indimenticabile), o di come pensasse che la lavorazione di “Travolti da un insolito destino nell’azzurro mare d’agosto” (1974) sarebbe stata una specie di vacanza e di come il film si rivelò, invece, difficile da girare.

Quando si ha la possibilità di trascorrere del tempo ascoltando i racconti e i ricordi di una persona che in qualche modo ci è così familiare gli si vorrebbero chiedere tante cose, ma il tempo vola ed è già una fortuna avere l’opportunità di ascoltare Giannini,

arrivato dal set di un film che sta girando con colleghe e colleghi celebri.

Plinio il Giovane scrisse che per essere immortali o si fanno cose degne di essere scritte o si scrivono cose degne di essere lette, ma ai suoi tempi non esisteva il cinema, altrimenti avrebbe probabilmente aggiunto cose degne di essere viste.

E pensare che Giannini riscuoteva così tanto successo a teatro (ha interpretato il ruolo di Romeo perfino del tempio del teatro di Shakespeare, l’Old Vic) che gli sconsigliarono di fare cinema. Per nostra fortuna non ha ascoltato questo consiglio.

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