Un libro alla settimana: Vittime dimenticate

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28 gennaio 2022

Schermata 2022-01-26 alle 09.39.12PESARO – Due libri dedicati alle storie dei campi di sterminio nazisti pubblicati a cavallo del Giorno della Memoria: ieri, 27 gennaio.
Recensendo – sette giorni addietro – Le gemelle di Auschwitz, il libro di Eva Mozes Kor (RILEGGI QUI PRECEDENTE RUBRICA), abbiamo anticipato che la rubrica successiva, in uscita il 28 gennaio, avrebbe proposto il libro di Giorgio Giannini: Vittime dimenticate.
La prima edizione di un libro frettolosamente dimenticato risale al 2011 e anche undici anni dopo è di straordinaria attualità, se non altro per ovviare alla smemoratezza – fors’anche malevola – di chi ha ritenuto che dell’abominio nazifascista si parlasse solo per raccontare le vittime del popolo ebraico.
Non solo “pigiami” con le stelle gialle, a riconoscere nei campi di sterminio ebree ed ebrei.
Il genocidio ha riguardato anche chi sulle casacche portava triangoli rossi, verdi, neri, blu, marrone, rosa o viola. Erano gli internati nei lager nazisti che appartenevano a “categorie” quasi sempre cancellate nelle commemorazioni ufficiali delle vittime di quella barbarie.
Racconta il sito del Museo Diffuso della Resistenza, della Deportazione, della Guerra, dei Diritti e della Libertà di Torino:
il triangolo rosso indicava i prigionieri politici, nei confronti dei quali era stato emesso un mandato di arresto per motivi di sicurezza (Schutzhaft), per cui sui registri, questi deportati erano indicati come Schutz haftling (Detenuti in protezione; ndr).
Il triangolo verde designava i criminali comuni (Berufsverbrecher – BV) vale a dire una serie di detenuti di origine tedesca fra i quali spesso venivano scelti i capiblocco (kapò) e i sorveglianti delle squadre di lavoro, incaricati di mantenere l’ordine e fare funzionare il lager.
Il triangolo nero veniva attribuito agli asociali (Asoziale – Aso) un gruppo non precisato di internati in cui erano compresi le prostitute, i senza fissa dimora e, all’inizio, anche gli zingari.
Il triangolo blu veniva attribuito agli immigrati, agli apolidi e ai rifugiati all’estero della guerra Repubblicana di Spagna.
Il triangolo viola era attribuito agli studiosi delle Sacre scritture (Testimoni di Geova) o ai religiosi in genere, fatta eccezione per i sacerdoti polacchi.
Il triangolo rosa marchiava coloro che erano accusati di omosessualità.
Il triangolo marrone era attribuito alla popolazione di origine Zingara , Rom e Sinti.
Oltre agli ebrei, infatti, i nazisti tentarono di sterminare i disabili, condannati alla sterilizzazione o al lager in nome dell’eugenetica; gli zingari, considerati un pericolo sociale e poi internati e uccisi; gli omosessuali, perseguitati, castrati e rinchiusi nei campi di concentramento; i testimoni di Geova, eliminati per il loro rifiuto del servizio militare e la loro opposizione al regime, e quanti altri non  fossero allineati alle loro abominevoli idee.
Questo libro, che pure non si occupa di altri triangoli, ha il merito di ricordare la storia di quelle vittime “dimenticate” che vissero la tragedia nella tragedia,  sicuramente il periodo più fosco del secolo scorso. Ricordare  per non dimenticare e non rivivere tragedie così devastanti per l’umanità è anche leggere questo libro.
A maggiore ragione di due episodi: il primo, vergognoso, accaduto domenica scorsa in provincia di Livorno, ha avuto protagoniste due ragazzine toscane, quindicenni: incontrando un dodicenne gli hanno urlato: “Tu devi stare zitto perché ebreo, devi morire nel forno”. Ottanta anni dopo, siamo di nuovo a questo. Oggi, però, la memoria non manca, per fortuna.
Il secondo, non meno vomitevole, ha riguardato Liliana Segre, che Pesaro ha la fortuna di avere sua cittadina: il Comune di Pontinia, piccolo centro laziale, ha pubblicato un messaggio in occasione del Giorno della Memoria e un’associazione locale, Liberi e Forti, nota per le gite annuali a Predappio per ricordare la Marcia su Roma, ha commentato – pure con parole ignoranti – “La Segre per Auschwitz è diventata senatore e vita, altrimenti aivoglia a lavare piatti”. Proprio così, aivoglia. Quelli con il mito dell’italiano forte, ah ah ah.
Un’ultima considerazione: in questi giorni ho provato nausea a leggere che gli eredi dei Savoia hanno chiesto – e, peggio ancora, trattano con la Repubblica – di riavere i gioielli della Corona custoditi dalla Banca d’Italia. In questo triste Paese può accadere anche questo: che i beni degli ebrei e degli altri perseguitati, sterminati, rubati dai nazifascisti, non siano restituiti, mentre gli eredi di chi fu complice del fascismo, fino all’approvazione delle ignobili leggi razziali, pretendano beni che dovrebbero essere a disposizione di chi, quelle leggi, le ha dovute subire. Privi di pudore, di vergogna, di nobiltà d’animo, sentimento sconosciuto alla grande maggioranza dei Savoia, quelli che mandavano i soldati all’assalto al grido di “Avanti Savoia”, ma erano i primi a scappare, come pure a tacere davanti ai misfatti del fascismo.
Vittime dimenticate, di Giorgio Giannini (Stampa Alternativa)

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