24 dicembre 2021
PESARO – Alcune settimane fa, ho approfittato di un breve viaggio a Rovereto per assistere alla presentazione di Dopo il traguardo, il libro scritto da Alex Schwazer, e visitare a distanza di trent’anni la bella città trentina. Dall’estate 1990, quando seguii un bel torneo estivo di pallacanestro; fra le protagoniste la Scavolini, campione d’Italia in carica, e la Phonola Caserta che avrebbe conquistato lo scudetto alla fine di una stagione esaltante.
Rovereto era bella d’estate. L’ho trovata ancora più bella nel tardo autunno che avvicina l’inverno. Nel ben tenuto centro storico un vero mercatino di Natale, con prodotti del posto e comunque della tradizione austro-ungarica, non l’accozzaglia dozzinale che viene propinata nel cuore di Pesaro.
E per i golosi una pasticceria più bella dell’altra, da vedere e da gustare. In una bancarella del mercatino natalizio ho acquistato deliziosi pretzel, sia salati sia dolci (prelibato quello alle noci). In una rinomata pasticceria ha fatto il pieno di calorie: uno strudel, una Linzer torte e una Sacher da mangiare con la… flebo, tanto era buona. E ho pensato che, purtroppo, uno degli effetti della globalizzazione è avere portato sulle nostre tavole prodotti plastificati, simil originali, ma lontani anni luce da questi. Tanto, basta il nome.
Eh no, non basta, non può bastare, non deve bastare. Invece, approssimandosi le festività natalizie e di fine anno, sia supermercati che panetterie mettono in vendita torte simil Sacher, con ingredienti che niente hanno a che fare con quelli studiati e assemblati da Franz Sacher, il giovanissimo pasticcere passato alla storia per una delle torte più amate, più copiate – con pessimi risultati – in tutto il mondo.
I pasticceri che la imitano nel peggiore dei modi, imbrogliando prima se stessi poi i propri clienti, dovrebbero essere onesti ed eliminare il nome famoso dalla glassa che copre la torta. Perché è vero che ci sono pasticcieri bravissimi che riescono ad avvicinare la bontà dell’originale, come quella che abbiamo apprezzato a Rovereto, ma la maggior parte è così incapace che non adopera neppure la marmellata di albicocche, ingrediente fondamentale per dare alla Sachertorte il gusto voluto da Franz Sacher, che – ne sono convinti i colleghi e gli amici, ma anche i familiari – mai e poi mai avrebbe pensato di ottenere il clamoroso successo che accompagnò la prima.
Era il 1832 e il sedicenne Franz, allora apprendista pasticcere nella cucina del palazzo di Klemens von Metternich, cancelliere dell’impero austro-ungarico, fu chiamato a sostituire lo chef, ammalatosi improvvisamente. Un impegno da fare tremare polsi e mani: quella sera era in programma una cena organizzata da von Metternich, buongustaio e soprattutto molto goloso di dolci. Franz ideò e preparò la torta di cioccolato diventata più famosa nella storia della pasticceria. Von Metternich ne fu entusiasta. La vita di Franz Sacher e della sua famiglia cambiò all’improvviso.
Quarantaquattro anni dopo, Edouard, uno dei due figli di Franz, aprì un albergo, ovviamente denominato Hotel Sacher. In verità, inizialmente era l’Hotel de l’Opera, ma sotto la guida di Anna Fuchs, figlia di un macellaio, sposa di Edouard, divenne, appunto, Hotel Sacher.
Il libro scritto da Monika Czernin (traduzione dal tedesco di Mario Izzi), pronipote di Ottokar Czernin, ministro degli esteri dell’Impero Austro-Ungarico, racconta “L’ultima festa della vecchia Europa“. Non solo scrittrice: Monika Czernin si è laureata in pedagogia, ed è autrice di di libri sul tema (Figli sereni di genitori separati; 2004), scienze politiche e filosofia, e ha studiato giornalismo.
Il libro dedicato all’Hotel Sacher è frutto, probabilmente, di racconti di famiglia, visto che Ottokar Czernin è stato l’ultimo ministro degli esteri degli Asburgo, ma anche cliente affezionato dell’albergo, mentre Hans Wilczek, bisnonno di Monika, era amico di Anna Sacher.
La storia raccontata riguarda il periodo d’oro di un albergo che è stato una vera e propria istituzione del turismo viennese, anzi austro-ungarico.
Se come me amate Joseph Roth, il cantore della decadenza e della fine dell’impero asburgico, leggerete con voluttà le pagine di un’epoca che sembrava non dovesse terminare mai. Camminando sulla Ringstrasse, uno dei viali più belli del mondo (impressione personale), si aveva questa sensazione. Presumibilmente, per i protagonisti delle storie narrate nel libro, era una certezza, non una sensazione.
Un albergo è sempre anche un palcoscenico, e gli attori sono il personale e gli ospiti. È un luogo in cui il tempo ti sfila davanti con le sue mode, i suoi toni impertinenti e delicati, con le sue metamorfosi, la sua superficialità che cela gelosamente la complessità. Alla regia di questo grande spettacolo una donna indimenticabile: Anna Sacher.
Il libro ha un’unica grande protagonista: Anna. Coraggiosa e tenace riuscirà a tenere alto l’onore del suo albergo anche mentre quel mondo crollava sotto i colpi di una guerra devastante, consegnandolo alla modernità in tutto il suo ineguagliabile charme.
Hotel Sacher, di Monika Czernin (EDI)
Lascia una risposta