ROF, il Moïse et Pharaon di Pizzi apre la 42esima edizione: la storia del festival è anche la storia del geniale regista

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3 agosto 2021

PESARO – Quattro anni fa, il 3 agosto 2017, titolammo: È quasi il Pof (Pizzi Opera Festival). L’allora sovrintendente Gianfranco Mariotti, salutandone il ritorno dopo una lunga assenza (tredici anni) affermò: “Pier Luigi Pizzi è la storia del ROF” (RILEGGI QUI PRECEDENTE ARTICOLO PU24).
Una storia che continua ad averlo grande protagonista e si ripeterà l’anno prossimo, quando il Festival dedicherà un concerto celebrativo ai 40 anni di Pizzi al ROF.
Il suo primo allestimento è del 1982, quando portò in scena Tancredi (Teatro Rossini 27/29/31 agosto, 2 settembre).
Una rappresentazione memorabile, con un cast stellare: Gianluigi Gelmetti a dirigere The Chamber Orchestra of Europe, le voci:  Lucia Valentini Terrani nel ruolo eponimo, Dalmacio Gonzales, Giancarlo Luccardi, Katia Ricciarelli, Bernadette Manca di Nissa, Evghenia Dundekova. A dirigere The British Choir Abroad il maestro Timothy Hands.
Anche le dita si emozionano scivolando sulla tastiera dei ricordi.

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Per fortuna degli appassionati, dei tifosi di Pizzi, il regista, scenografo e costumista è ancora al ROF ed è grande l’attesa per il suo Moïse et Pharaon, la cui prova generale è in programma venerdì 6 agosto e la prima lunedì 9 (Vitrifrigo Arena, ore 19).
Da quasi 40 anni sono militante del ROF. Qui a Pesaro rivivo uno stato d’animo particolare – il piacere di sentirmi bene accolto – che provo dopo tanti anni. Lavorare in un teatro già pronto, con le scene montate e i costumi preparati per le prove, non accade ovunque: questo è un grandissimo merito che va riconosciuto allo staff tecnico, sempre di livello altissimo“.
Pizzi cita Davide Livermore, il collega che prepara l’allestimento di Elisabetta Regina d’Inghilterra,   primamercoledì 11 (Vitrifrigo Arena, ore 20), repliche il 14-17-21.
Appena arrivato a Pesaro, sono andato a salutare Davide. Qui tutto funziona alla perfezione e ciò permette di lavorare in un clima molto sereno. Di questi tempi non è ovvio. Sono grato al ROF“.
A dirigere l’Orchestra Sinfonica Nazionale della RAI sarà Giacomo Sagripanti.
È la prima volta con lui – racconta Pizzi –, purtroppo è mancato il contatto quotidiano, ma adesso siamo qui, tesi per corsa finale“.
Un cast molto interessante, con alcune voci giovani che abbiamo apprezzato nelle recenti edizioni dell’Accademia Rossiniana.
Una compagnia di canto eccellente…”, conferma Pizzi.
Roberto Tagliavini è Moïse, Erwin Schrott è il Pharaon, Andrew Owens Aménophis, Alexey Tatarintsev Èliézer, Nicolò Donini Osiride / Voix mystérieuse, Matteo Roma Aufide, Vasilisa Berzhanskaya Sinaïde, Eleonora Buratto Anaï, Monica Bacelli Marie. 
Il Coro del Teatro Ventidio Basso è diretto dal maestro Farina.
L’opera propone un balletto.
Si tratta di un fuoco artificiale, un balletto difficile da affrontare perché può apparire un’intrusione inutile. Un balletto tratto da Armida che ho fatto tanti anni fa, alla Fenice, con étoile di Parigi. Lavoro da anni con  Gheorghe Iancu, un grande coreografo. A Pesaro abbiamo portato Gioacchino Starace, non per il…nome“.
Ascoltare Pizzi è sempre un piacere.
Rendiamo omaggio a Iside e Osiride. E Rossini non risparmia la sua abituale ironia. Uno dei moniti è non prendetevi sul serio, mai. Un momento trattato con leggerezza, pure prevedendo una piccola storia legata al mito dei due, tanto che in scena è prevista la nascita di Horus“.
Uno dei temi della storia è il ritorno del popolo ebraico alla propria terra: il passaggio del Mar Rosso.
Il passaggio è davvero un osso duro… Credo che le immagini siano impattanti, spero non mettano in imbarazzo il pubblico come avvenne a Napoli per la prima di Mosè in Egitto”. Quando un incidente tecnico all’apertura del mare scatenò le risate del pubblico.
Pizzi confida nell’effetto
“…Massimo Gasparon (regista collaboratore e luci; ndr), che da qualche anno si dedica alla illuminotecnica. Tra i tanti temi di questa opera, infatti, ci sono gli effetti speciali, ma farli a teatro è meno facile che al cinema e in Tv. Moïse et Pharaon è un’opera nuova, anche se nel 1983 ho allestito la versione italiana, Mosè in Egitto. L’avere scoperto un’opera straordinaria propiziò un trionfo, regalandoci una grande emozione. L’accoglienza del pubblico commovente. Ed è ricordando quella sera che mi sono messo all’opera”.
Già dal 2020, perché Moïse et Pharaon era in programma l’anno scorso.
Ho riguardato quello che avevo preparato e l’ho trovato insoddisfacente. Non ero più d’accordo con chiave di lettura. Ho preso tutti i fogli, li ho buttati nel cestino e sono ripartito da capo. Ho lavorato per sottrazione. Si  vedrà se avrò avuto ragione“.
La genialità di un artista: mettersi in discussione, evitando di timbrare il cartellino e proporre un lavoro praticamente già pronto.
Cosa vedremo e ascolteremo?
Preparatevi a qualcosa di claustrofobico, ai lager,  ai soldati egizi, all’internamento di un popolo. Vivrete in un clima che si genera attraverso gli spazi e la luce. Il deserto, il caldo, l’oppressione. Nel finale, Giacomo Sagripanti mi ha convinto a inserire il cantique, spiegandomi che va eseguito con energia; per me è un invito a nozze. Sembra un finale che appartiene più a Beethoven che a Rossini. Il popolo ebraico si ritrova dopo l’olocausto, la libertà ritrovata è una spinta al futuro, un segnale di speranza. La mia speranza è che tutto funzioni“.
A proposito del cantique, Ilaria Narici, che domenica 8 agosto, alle ore 11, sarà protagonista con Sagripanti della Guida all’ascolto del Moïse et Pharaon, ha anticipato di avere ricevuto una telefonata di Michele Mariotti, che le ha chiesto:“Ma il cantique è scritto veramente ad Rossini?“.
I 480 in possesso del biglietto che dà il diritto ad assistere a ognuna delle quattro rappresentazioni hanno un motivo in più per essere incuriositi dall’allestimento di Pizzi, un regista nella storia del Rossini Opera Festival.
Il 42° Rossini Opera Festival è dedicato a Graham Vick, il regista inglese scomparso pochi giorni fa, che nel 1997 curò la regia Moïse et Pharaon.

 

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