23 gennaio 2021
PESARO – Tutto preso dalla felicità di seguire in diretta diverse partite di Eurolega, dalla sfida bellissima tra Cska Mosca e Fenerbahçe Istanbul, come pure quelle tra Maccabi Tel Aviv e Real Madrid e tra Stella Rossa Belgrado e Barcelona, la notizia della scomparsa di Dado Lombardi è una secchiata d’acqua gelata.
Sapevo che stava poco bene, non lo vedevo da anni, da quando la sua presenza – spalla tecnica della telecronaca a cura di Franco Lauro – era diventata meno assidua.
Eppure, raramente passava tanto tempo tra un ricordo e un altro di “Dadone”, come lo chiamava il mitico Peppino Cellini, amico bolognese del tempo che fu. L’ultimo, leggendo “Clamoroso. La mia vita da immarcabile“, il libro di Gianmarco Pozzecco, lanciato in serie A da Lombardi.
Non ricordo quanti secoli fa ho conosciuto il Dado, che prima seguivo, con trepidazione, quando, da avversario della Vuelle, giocava a Pesaro.
Ricordo, però, che la sua prima soddisfazione da allenatore l’ha meritata qui, in riva all’Adriatico, guidando, dalla panchina e dal campo, la Sebastiani Rieti. Era allenatore-giocatore. Scendeva in campo con una ginocchiera che sembrava una portaerei, tanto era grande, adeguata al suo fisico.
Il vecchio caro hangar di Viale dei Partigiani ospitò lo spareggio tra Brina Rieti e Mecap Vigevano. Era il 29 giugno 1973. Pesaro fu invasa da migliaia di tifosi reatini. Fu un evento. La Brina s’impose 55-44 e a fine gara Dado trascinò la squadra a festeggiare con il bagno in mare.
Da allora in poi, come già da giocatore, Lombardi fu avversario della Vuelle. In Viale dei Partigiani era accolto con il coro parodia della pubblicità dei dadi Lombardi, quelli veri: “Non è vero che tutto fa brodo, è Lombardi il vero buon brodo“. Lui, livornese da Vernacoliere, sorrideva e ironizzava. Servirebbe un’enciclopedia per raccontare tutte le sue battute salaci.
Una mattina, a Reggio Calabria, davanti all’albergo che ospitava le finali di Coppa Italia, si cazzeggiava con il Dado, allora commentatore Tv, Santi Puglisi, General manager della Fortitudo, quando apparve Gianluca Basile, mezzo assonnato, che Lombardi aveva allenato a Reggio Emilia.
“Dopo il lungo letargo invernale, spunta Basile che si sveglia a primavera“. Risata generale.
Giocatore dal 1956 al 1973, allenatore dal 1973 al 2001, ha guidato dodici squadre (più volte Trieste e Reggio Emilia), con il rammarico di non essersi seduto mai sulla panchina delle bolognesi con cui è stato magnifico protagonista in campo. Quando Porelli lo cedette alla Fortitudo, i tifosi virtussini insorsero. Con la consueta ironia, commentò: “Ho salvato due volte la Virtus: quando mi ha ingaggiato e quando mi ha venduto alla Fortitudo per 25 milioni di lire, il denaro che ha consentito a Porelli di non chiudere bottega“. Impareggiabile.
Caro Dado, che la terra ti sia lieve.
Caro Luciano,
Ho letto con vero piacere anche se non ho mai conosciuto Lombardi se non in campo. Spero sentirti presto. Ciao
Carlo