di Redazione
8 febbraio 2017
PESARO – «Quello che fanno i volontari ha un valore immenso», dice il sindaco Matteo Ricci. «Non è solo l’aiuto concreto per tenere meglio la città. C’è anche un pezzo di welfare, civismo, capacità di fare comunità. Non sono cose che misurano negli indicatori economici, ma fanno la differenza». I numeri del 2016 sono sul tavolo: «In un anno 189 volontari, nei quartieri pesaresi (con 18 richiedenti asilo coinvolti, ndr), sono stati impegnati in 13.770 ore di lavori di pubblica utilità». E’ il bilancio del 2016 presentato da Comune, Aspes e Auser provinciale, che hanno curato il progetto «Volentieri volontari per il quartiere». Rimarca il referente Stefano Falcioni: «Solo sulla manutenzione del verde urbano: 180 aree di intervento, 4.792 metri lineari di potature di siepi, 5607 alberi spollonati, 156.868 metri quadrati interessati dallo sfalcio dell’erba». Ma anche «le tinteggiature nelle scuole, la sistemazione degli arredi in legno nei parchi, gli interventi di pulizia su cigli e bordi stradali, le piccole manutenzioni negli impianti sportivi».
LE VOCI – Commenta il presidente Aspes Luca Pieri: «In due anni e mezzo il progetto è cresciuto notevolmente. Aspes si occupa della gestione del verde pubblico pesarese: solo nel 2016 abbiamo portato avanti, tra le altre attività, 5 milioni di metri quadrati di sfalci d’erba, 30mila piantine acquistate e messe a dimora, più di 3mila e 300 potature di alberi, 8mila e 400 spollonature, 9mila metri lineari di potature. Un lavoro professionale, al cui interno il progetto dei volontari si inserisce in modo puntuale. Perché ci permette una migliore programmazione rispetto all’esigenze del territorio e dei quartieri. Con risposte veloci. E’ un’idea talmente efficace che la stiamo esportando anche su altri Comuni della provincia, soci di Apses (partendo da Tavullia, ndr)». Natale Alessandrini, presidente Auser, aggiunge: «I volontari si mettono in gioco. E negli ultimi anni, grazie alle convenzioni con tribunale e scuole, il progetto ha inserito tante persone che dovevano recuperare sanzioni, crediti formativi o sospensioni. La dimensione sociale è evidente».
L’INTEGRAZIONE – Anche per questo, il sindaco si dice «estremamente orgoglioso. Spero che l’attività cresca sempre di più: è una rete che fa comunità. Continueremo con la campagna di adesione». L’inciso sul coinvolgimento dei profughi nel progetto: «E’ stato un elemento di avanguardia nazionale. La collaborazione con i volontari ha attutito le tensioni sociali. Perché questi ragazzi non potevano stare tutto il giorno sotto il Comune senza fare nulla. Indossare la pettorina dei volontari è stata un’occasione di integrazione. Un’opportunità per raccontare la loro storia: anche la città, così, li ha visti con un occhio diverso, nel contraccambiare l’accoglienza ricevuta». Secondo Ricci, «un punto che ha permesso di gestire il fenomeno con la testa e non con la pancia. Non a caso il ministro Minniti ha deciso di fare di questa buona pratica una politica nazionale».
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