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30 settembre 2015
d.ssa Arianna Finocchi*
Una delle parafilie più conosciute dalla popolazione non addetta ai lavori è il feticismo. Con questo termine si intende lo spostamento della meta sessuale dalla persona viva nella sua interezza ad un suo sostituto che può essere individuato in una parte del corpo stesso, in una qualità, un indumento, o qualsiasi altro oggetto inanimato. Sostanzialmente il feticista è colui che prova attrazione sessuale per qualcosa che fuoriesce dai canoni della sessualità tradizionale. Quella che presuppone i genitali quali oggetti libidici primari.
Factitium in latino, da Factum, vuole appunto dire manufatto, artificiale, falso idolo; in portoghese è diventato Fetiço, cioè oggetto incantato, sortilegio. Potremmo estrapolare: proprio di chi si costruisce un falso oggetto incantato e lo idolatra. Sullo sfondo c’è l’idea di chi è preso in una specie di sortilegio o attraverso di esso pensa di avere un potere sul mondo. In sessuologia questo termine si applica alle persone che provano un desiderio sessuale per un oggetto, una parte del corpo o una situazione particolare. In alcuni casi la presenza di questo “oggetto di culto” è necessaria, per non dire essenziale, all’eccitazione e al piacere sessuale.
Nonostante in tempi passati questa perversione sia stata vista come negativa e potentemente patologica, oggi il feticismo sta entrando nelle abitudini sessuali. È difficile non associare nella nostra cultura al feticismo e al feticista pratiche ai margini della norma, interessi molto particolari soprattutto in campo sessuale, probabilmente maleodoranti o viziosi, sicuramente strani. Il termine feticista sa di manie, di fisse, magari sottilmente attraente, ma un po’ malato, fa pensare all’essere schiavo di qualcosa. Per fortuna c’è Freud a ricordarci che la matrice di tutte le stranezze è in ognuno di noi e come sia facile cercare di liberarci di qualcosa che ci dà disagio e angoscia puntando il dito, mentre ce ne fantastichiamo immuni. In quanto costruzione mentale che aiuta a contenere le tensioni e l’angoscia, il feticismo ha una sua positività, fino a quando per lo meno non si riesce, ammesso che si riesca, a sostituirlo con qualcosa di più maturo.
Oggetto del feticismo può essere tutto quello che appartiene alla persona e che può diventare fonte di attrazione, culto e eccitazione. Gli oggetti feticisti più diffusi sono:
– le stoffe e i materiali come il cuoio, il lattice o il pizzo,
– capi di abbigliamento, di biancheria intima,
– parti del corpo ( seno , glutei , piedi, gambe…).
– Alcune caratteristiche fisiche (colore dei capelli , pettinatura, occhiali…).
– Alcune situazioni (donne incinte, handicappati, persone obese o anziane…)
Il feticista può essere sia eterosessuale che omosessuale, l’orientamento sessuale non è una caratteristica discriminante; l’attività erotica di queste persone si può esplicare in modo sia alloerotico sia autoerotico e si possono osservare tre modalità di azione all’interno di questa parafilia:
- una modalità attiva in cui il feticista usa attivamente il feticcio;
- una modalità passiva in cui vuole che il feticcio sia in qualche modo usato su di lui da un’altra persona;
- una modalità contemplativa in cui egli trae piacere dalla contemplazione dei feticci collezionati.
Il feticismo può avere qualcosa di sottilmente attraente. L’erotismo ha a che fare con l’essere attratti cioè spinti verso qualcuno o qualcosa che suscita appunto Eros. In questo movimento “verso” è implicito uno spazio, fisico o mentale; non siamo quindi nella zona della fusione amorosa, bensì del desiderio.
In questo spazio, regno quindi dello sguardo, dei suoni, dei contatti parziali, si inserisce bene il feticismo con la sua attrazione per gli indumenti, intimi e non, per gli accessori, per le varie parti o aspetti del corpo.
Naturalmente, riferendoci, in questo senso, a un fenomeno più o meno generale (quanti sono ad esempio i ragazzi o i mariti che chiedono o vorrebbero che la partner indossasse biancheria erotica?), non stiamo parlando del feticismo in quanto perversione sessuale, ma di un feticismo che si integra nella sessualità normale delle persone. Anche qui, per aiutarci un po’ a capire, pur non approfondendo troppo, ci viene in aiuto Freud, e la sua concezione del bambino come di un “perverso polimorfo”. Con questi due termini, che non fanno forse un bell’effetto, Freud ci vuol dire che nel bambino sono riscontrabili i germi di tutte le perversioni future dell’adulto, si tratti di feticismo, esibizionismo, voyeurismo, sadomasochismo, ecc. Questi germi però, se le cose vanno come devono andare, non produrranno perversioni vere e proprie, ma, mai del tutto abbandonate, si integreranno nella sessualità adulta e verranno a far parte soprattutto del piacere preliminare e del petting. In base alle proprie peculiarità, ci si potrà quindi eccitare esibendosi in qualche modo o guardando la partner o guardandosi in coppia con lei.
“un certo grado di feticismo è di regola proprio dell’amore normale, in special modo in quegli stadi di innamoramento nei quali la meta sessuale normale appare irraggiungibile, oppure sembra negato il suo adempimento. (… ) Il caso patologico subentra quando il desiderio del feticcio si sostituisce alla meta normale, inoltre quando il feticcio distaccato dalla persona diventa unico oggetto sessuale”.
Potremmo descrivere il passaggio ad un feticismo patologico attraverso degli stadi;
- si vuole vedere inizialmente il partner sessuale con una determinata biancheria intima
- basterà soltanto quest’ ultima per masturbarsi;
- il feticista non sentirà neppure più il bisogno di masturbarsi e l’orgasmo subentrerà al solo guardare, toccare o indossare lui stesso la biancheria;
- non sarà neppure più in grado di avere un orgasmo, perché a parità di stimolo la reazione diminuisce nel tempo.
Quanto più è maniacale l’ossessione sessuale, tanto minore il soddisfacimento. Ma anche l’inverso: meno soddisfacimento procura l’ossessione, più maniacale diventa l’ossessione stessa. E’ un circolo vizioso
La linea di demarcazione fra normalità e patologia non è cosi precisa e, quindi, rassicurante, come, forse, vorremmo che fosse. Abbiamo visto come le radici di tutte le perversioni si trovino nella mente di ogni bambino e di come certi aspetti, ad esse connesse, possano ritrovarsi nelle fantasie e nel comportamento di tutti noi. Nel tempo vari criteri sono stati prodotti per stabilire cosa sia da considerare normale e cosa non lo sia, in primis il criterio della finalità biologica della sessualità, ma guardando al Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali (DSM) possiamo imparare che, parlando del feticismo dice: ”Le fantasie, gli impulsi sessuali o i comportamenti causano disagio clinicamente significativo o compromissione dell’area sociale, lavorativa, o di altre importanti aree del funzionamento.” Questo criterio mette quindi in risalto il malessere della persona e il disadattamento in aree importanti della vita di tutti noi, come conseguenza e come marker di un feticismo patologico. Non si può non riflettere come questi parametri siano esattamente il contrario di quello che dovrebbe caratterizzare una sessualità felice, che esita in un senso di benessere e ci aiuta a lavorare, a star bene con gli altri e a funzionar meglio in tutti i settori della nostra vita. La perversione, sottolinea il DSM IV, in quanto tale, è caratterizzata e accompagnata dalla sofferenza o dal disadattamento. Una spinta pulsionale abbastanza sana può essere in qualche modo integrata nella realtà e produrre benessere, una spinta “abbastanza” malata, molto più difficilmente.
*DeSidera
Chi siamo:
L’associazione di psicologia e sessuologia “de.Sidera” vuole essere uno spazio culturale di discussione di tematiche psico-sessuologiche, un momento per riflettere sulla propria sessualità, per rendersi consapevoli che il piacere, in ogni ambito, è accessibile, basta volerlo.
L’ associazione “de.Sidera” è formata da psicologhe e sessuologhe e si occupa inoltre di servizi alla persona attraverso consulenze all’individuo, alla famiglia e alla coppia e fornisce servizi di consulenze ai professionisti.
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