26 dicembre 2014
La messa è finita, andate in pace o su Facebook. Confesso: io sono un praticante natalizio, un cattolico fai da te. Mi reputo credente, prego non solo nei momenti di disperazione, sono stato pure chierichetto ma da diversi anni ho scarso feeling con i preti. Per questo, sbagliando sapendo di sbagliare, vado a messa solo per Natale, Pasqua, matrimoni e cerimonie varie.
La notte della vigilia, su invito di mia madre, sono andato a messa a Osteria Nuova: una piccola chiesa di paese sempre molto affollata, dove il vicesindaco del Movimento 5 Stelle canta nel coro e chi per anni è stato (dicono) comunista convinto aiuta ora nella raccolta delle offerte e nella distribuzione dell’Eucarestia ai fedeli. Una piccola chiesa dove un prete molto giovane, don Lorenzo, al bollettino parrocchiale affianca la pagina fb della parrocchia. E al solito predicozzo sentito e risentito, la notte di Natale preferisce mettersi a nudo raccontando un episodio personale. Così, quel giovane prete, ha estratto dalla tasca una lettera di un detenuto albanese, finito in carcere per spaccio e furti vari, e che una volta uscito di galera è stato costretto a tornare in patria con il foglio di via. Insomma, uno che ha sbagliato e che giustamente sta pagando fino in fondo: una mosca bianca.
Quella lettera, scritta da chi era stato battezzato in carcere con una bottiglietta d’acqua da mezzo litro e letta con la voce emozionata dallo stesso prete che lo aveva sacramentato, ha descritto meglio di tante altre parole il vero senso del Natale. Per ogni credente: in un periodo storico in cui ogni certezza ci abbandona, in cui tutto è precario, a termine, sfuggente, in cui il ricco ha troppo e sempre più persone hanno pochissimo, in cui il mondo ti mette continuamente davanti a una lunga serie di cose che non hai, che altri sembrano avere e che tu vorresti avere, in cui le divisioni sociali e politiche ci stanno facendo tornare indietro agli anni bui, credere in qualcosa di spirituale può essere una strada per trovare gioia e serenità non caduche. E quel qualcosa, per il ragazzo albanese, è stato Gesù. Come poi dovrebbe esserlo per tutti quelli che festeggiano veramente il Natale. Perché va bene le luci, va bene l’albero, va bene i regali ma il Natale sarebbe altro: è abbracciare la gioia per la nascita di Gesù. Perché se credi in qualcosa, anche nella situazione più negativa, come quella del ragazzo albanese, riuscirai a trovare la gioia di vivere e ripartire anche nei momenti più difficili. Una lezione semplice, se vogliamo scontata, ma che molti si dimenticano. E allora anche Fb, anche una lettera personale letta davanti a centinaia di persone, se in questa coda di 2014 servono a essere più vicini alla gente, sono un insegnamento per far capire il vero senso del Natale.
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