di Redazione
15 ottobre 2014
PESARO – La recente kermesse del tartufo che in queste settimane occupa le pagine dei quotidiani, porta in auge scottanti questioni che riguardano cercatori e produttori del prezioso fungo ipogeo del nostro territorio.
Le problematiche interessano infatti, e non poco, aspetti di carattere normativo, sindacale e tecnico, la cui risoluzione avrebbe un effetto migliorativo sulla capacità competitiva delle imprese che operano nel settore della ricerca, lavorazione, trasformazione e commercio del tartufo.
Proprio in questi giorni Confartigianato Pesaro Urbino, dopo un attento ascolto dei produttori iscritti, ha inviato alla Regione Marche un documento che contiene i criteri e le linee guida individuate per la riformulazione della regolamentazione del settore.
Nel documento Confartigianato chiede che la Regione si faccia promotrice in maniera proattiva affinché il Governo Italiano ratifichi finalmente quanto previsto dai regolamenti Europei del 2013 riconoscendo il tartufo quale prodotto agricolo e conseguentemente adotti apposita misura legislativa per l’applicazione dell’iva ridotta o che comunque sia resa almeno detraibile.
Altro punto su cui vengono espresse richieste da parte delle imprese del settore, e per le quali Confartigianato Pesaro Urbino si fa portavoce, è che la Regione promuova, attivamente e congiuntamente con le altre regioni, l’istituzione di un calendario unico nazionale per la ricerca, raccolta e commercializzazione del tartufo, nonché dia impulso all’individuazione di criteri di tracciabilità univoci, uniformi e validi su tutto il territorio nazionale.
Altra questione interessa l’introduzione di una disciplina per l’attività di ricerca e raccolta del tartufo, che stabilisca che chi svolge tale attività per scopi commerciali sia obbligatoriamente provvisto di partita iva ed emetta regolare fattura di vendita. In caso contrario, se la pratica di ricerca e raccolta viene espletata a titolo hobbistico/ricreativo, sia istituito il versamento di una quota a titolo di permesso giornaliero.
Per quanto riguarda l’etichettatura dei prodotti conservati le imprese chiedono che sia reso obbligatorio indicare l’origine di provenienza dal territorio italiano, europeo o extra UE, mentre sia resa facoltativa l’indicazione della regione o del distretto territoriale di provenienza. Inoltre per ragioni di semplificazione e razionalizzazione dei costi afferenti i procedimenti di etichettatura, dovrebbero essere abrogati e quindi non più previsti per il tartufo conservato intero i criteri di classificazione intesi come 1a ; 2a e 3a scelta e conseguentemente non sia più obbligatoria la relativa indicazione in etichetta.
Si potrebbe poi concordare con il settore turistico alberghiero e ricettivo nonché della ristorazione di riportare nei menù la provenienza del prodotto se italiana o estera, nonché la descrizione della tipologia o specie; e sia facoltativa l’indicazione della regione o distretto territoriale del tartufo che viene servito e utilizzato nella preparazione delle pietanze.
Alta questione su cui insiste Confartigianato è l’abrogazione dei termini di chiusura stagionale per la raccolta e commercializzazione del tartufo. In quanto, la chiusura del periodo di ricerca e raccolta è condizionata in maniera naturale dall’avvicendarsi dei cicli di produzione stagionale; mantenendo altresì in vigore gli attuali termini di apertura per la raccolta e vendita.
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