INDICE COMIT – La crisi è finita ma il disagio continua. Ultima parte: il territorio di Pesaro, Fano e Urbino. A cura di R.Zoli

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13 gennaio 2014

PESARO – C’è l’abbiamo quasi fatta.

Ci stiamo meritando la fiducia di chi ha sempre creduto in questo benedetto paese.

Il Draghi di questi ultimi giorni, non solo ha portato lo spread sotto la soglia difficilissima dei 200 punti di differenziale ma sta continuamente sollecitando due importanti questioni all’Italia, a noi e ai nostri Amministratori. La prima riguarda le riforme istituzionali, lo sviluppo, le tasse, il taglio delle spese, dove chiede la necessità di comportamenti nazionali coerenti con le scelte fatte. La seconda è interessata a trovare la via per far arrivare i soldi alle imprese . Draghi ha ribadito più volte che la politica monetaria resterà espansiva a lungo e che i tassi potrebbero scendere ancora toccando addirittura lo zero; questo chiaramente perché l’economia dell’area euro rimane fragile anche se la crisi ha già toccato il fondo ed è iniziata un svolta positiva, verso la risalita. Tutto dipenderà da come l’enorme paracadute che la Bce ha aperto per le banche, nel corso del 2014, si trasformerà in un sistema di spinta per il credito all’economia reale.

Mario Draghi

Mario Draghi

Per questo le banche, contrariamente a qualche tempo fa, sono state subito recettive alle sollecitazioni dei cambiamenti strutturali in atto, che stanno toccando anche i loro interni, adeguandosi prontamente alla nuova se pur lenta inversione di tendenza dell’economia.

Siamo di fronte ad una metamorfosi della crisi che di fatto ha toccato il fondo, ma che ancora si fa sentire sulla carne viva delle persone.

E’ ancora un passaggio doloroso tra ciò che non siamo ora e ciò che saremo .

Ma torniamo ai problemi di casa nostra, quelli della nostra terra, della nostra Provincia.

Una piccola indagine sull’economia locale fornisce una mappa territoriale ricca di una serie di paradossi. Si sono chiuse una grande quantità di imprese e abbiamo perso centinaia di posti di lavoro , eppure abbiamo medie imprese industriali che producono buone percentuali del valore aggiunto dell’industria italiana e percentuali interessanti dell’export nazionale. Manca ancora un tassello: il drammatico declino dei ceti medi di mercato (professionisti,lavoratori autonomi, piccoli imprenditori) e della middle class cresciuta con lo sviluppo dei sistemi welfare.

E’ un sistema dove tutto si intreccia, dove anche i settori tradizionali cedono il passo; tra le imprese aperte da giovani, il 15,7% opera nel campo delle attività di servizio, il 14,9% nel settore turistico e della ristorazione,mentre la manifattura si ferma al 7,6% , pari a quella dell’agricoltura. Questa una parte della verità di come stiamo.

L’altra parte riguarda le politiche sociali per le attività ed imprese, dimenticate nel nostro territorio; mi riferisco a:

  • “apparati” locali con burocrazia inefficiente e con costi occulti e pesanti
  • mancanza di infrastrutture (sistema Fieristico svuotato, il bisogno urgente di un nuovo Unico Ospedale, la rete stradale obsoleta, la logistica..)
  • sistema istituzionale frammentato e scomparsa di politiche industriali
  • ridotti o quasi inesistenti gli investimenti sui giovani, sulla formazione e la ricerca
  • territorio e patrimonio culturale poco valorizzati (rispetto ad altre città/siti europei..) per ricevere turisti e relativi guadagni
  • la nostra Regione Marche” lontanissima” da Pesaro, Fano e Urbino.

 

E allora che fare? Come possiamo riprendere? Cosa stiamo facendo?

In realtà a queste domande stiamo già rispondendo… ma non ci siamo accorti.

Prima di tutto la FIDUCIA (così come abbiamo aperto questo articolo…)  e poi i PROGETTI; abbiamo ricominciato a programmare, a pianificare, non più guardando solo al momento o alla giornata, quel tempo è finito.

Anche la nostra Provincia non è sull’orlo del baratro, non stiamo scomparendo. Mai come ora siamo uniti nell’affrontare questa emergenza sociale. Abbiamo accettato con dignità sacrifici che non pensavamo possibili solo pochi anni fa. Certo siamo ancora delusi, arrabbiati, sempre poveri… ma stiamo reagendo, i principali indicatori confermano che le nostre aziende ricominciano a ruotare, il comparto export sta lentamente trainando e non dobbiamo assolutamente tralasciare lo zoccolo duro rimasto del comparto Italia. Le banche,soprattutto quelle locali, accettano di erogare credito basato sugli investimenti aziendali reali e sulle tecnologie industriali indispensabili a favorire la ripresa della competizione, in particolar modo dei mercati esteri.

Questo risultato farà da volano per la nostra economia interna, farà riprendere i negozi del centro, le statistiche sui prodotti alimentari dei supermercati, il comparto auto.. per ultimo ricominceremo a guardare al settore dell’edilizia, ma non perché sia saturo o come si dice “la bolla è scoppiata” , ma perché c’è stata una dismisura nei valori dei prezzi che hanno subito prima un brusco calo, e ora continuano più lentamente a scendere sino a che si stabilizzeranno, entro l’anno che stiamo vivendo, con valori di vendita congrui al nostro attuale mercato interno.

Chiudiamo con una scommessa, ma è anche un augurio… che ci ritroveremo qui il 13 gennaio 2015 a rileggere questo articolo vivendo una nuova e diversa condizione sociale.

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3 Commenti to “INDICE COMIT – La crisi è finita ma il disagio continua. Ultima parte: il territorio di Pesaro, Fano e Urbino. A cura di R.Zoli”

  1. Giorgio scrive:

    Mi piacciono le scommesse e quella che lancia alla fine del suo pezzo mi piacerebbe vincerla

  2. admin scrive:

    Signor Zoli, non so se questo è l’articolo giusto per porre la mia domanda, ma da qualche giorno mi… disturba il fatto di vedere alla tv una serie di pubblicità sulle banche (banca di Vicenza e di Bari le ultime in ordine di tempo, dopo San Paolo ecc). Non mi pare, non credo sia giusto, credo sia disgustoso in questi anni di ristrettezze, che le banche si facciano pubblicità: tanto più che, quando un imprenditore o un semplice cittadino si presenta agli sportelli per ottenere una linea di credito, si sente respingere anche in malo modo. I soldi per far ripartire la minieconomia non ci sono, in compenso si sprecano soldi in tv per dimostrare che la banca è tornata a fare la banca ecc…
    Non più di 20 mesi fa chiesi a un direttore mio amico un contributo per una manifestazione sportiva: mi rispose che come banca loro non potevano fare nulla ma che tutto dipendeva dalla sede centrale. Un modo elegante per dire: non provarci più, prima che la “sede centrale” risponda, magari ci passano anni.
    Ripeto, l’aggettivo che mi viene in mente è “disgustoso”, mi dica Lei se è vero oppure sono io che vedo nero… Grazie infinite

  3. Massimo scrive:

    Scommettiamo che Lei perde la scommessa di una economia in risalita? Intendo con occupazione in risalita e altri indicatori orientati verso l’alto.
    sig Zoli, veda da quando la moneta non viene più creata da una ricchezza sottostante(l’oro di un tempo era l’esempio massimo) ma da debito come ora,infatti gli stati si indebitano verso le banche centrali emettendo obbligazioni(Bot CcT Btp ecc) le quali stampano moneta, no carissimo Zoli non ci siamo proprio, la così detta ripresa non arriverà forse dico forse ora la Germania allarmata da un cresciente astio verso l’Euro consentirà un qual si voglia quantitative Easing cioè lao stampaggio di moneta buona per accendersi il sigaro, e permetterà il ritiro di debito pubblico la stessa cosa che banche centrali come la Federal Reserve e la BoE cioè la banca centrale Inglese applicano da un paio di anni,sempre che le nostre beneamate banche del territorio piccole e grandi questa moneta la mettano in circolazione e non lucrino come le volte scorse quando il prestito della BCE all 1% è rimasto in pancia alle soprannominate ecco veda io la moneta la intendo con un valore di sottostante non come un atto dii fede.Ho sempre avversato l’Euro dalla nascita pechè avevo già in testa in patatrak che si è poi rilevato per la nostra fragile economia trasformandoci in cinesi d’europa. La Germania si è tenuto strtto l’Euro vorrei ben vedere altrimenti con il loro vecchoi Marco non avrebbero esportato come stanno facendo ora hanno usato la debolezza delle vecchie valuta nazzionali dei famosi paesi PIG come calmiere di valuta e il differenziale di Spred stà lì a dimostrarlo.Dicevo la Germania si tiene stretto l’Euro e non molla l’osso come un mastino ma si è persa l’unione economica europea che poneva le sue radici nel patto del 1954 di Roma noto come il patto CECA comunità del carbone e acciaio.
    Mi permetta di esprimere un mio sintetico giudizzio sullo spread, esso non è altro che la schiavitù al debito dei popoli.
    Saluti.

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