di Redazione
16 novembre 2013
PESARO – Questa mattina una delegazione di Fratelli d’Italia Pesaro – Urbino guidata dal portavoce provinciale Angelo Bertoglio e dal consigliere comunale di Pesaro Davide Ippaso si è recata davanti il tribunale di Pesaro per partecipare alla “PROTESTA DEI FIORI ROSSI” (che si svolge proprio nella giornata mondiale del ricordo delle vittime della strada) ideata dalle Associazioni L’ITALIA VERA e DIAMO VALORE ALLA VITA, giunta alla sua terza edizione e che Fratelli d’Italia sostiene in tutta Italia Tutela e affermazione dei Diritti delle Vittime della strada Smettiamo di chiamarli incidenti. In Francia la chiamano violenza stradale.
E’ certo che una percentuale di eventi che possiamo chiamare realmente incidenti c’è – anche se esigua rispetto all’immensità del fenomeno -, ma non va dimenticato, neanche giuridicamente parlando, che l’incidente è per sua natura un evento dovuto al caso e non alla responsabilità personale. Possiamo chiamare incidente quell’evento che avviene a causa, per esempio, del malore improvviso di un conducente che per questo si scontra con un altro mezzo provocando morti o feriti. Non possiamo chiamare invece incidente quello che deriva da impudenza, imperizia, negligenza, mancanza di osservazione di leggi e regolamenti da parte di chi provoca uno scontro in cui perdono le gambe, o la vita, – e quindi la libertà di movimento parziale o totale – le persone. Qui la responsabilità personale ( e penale) c’è ed è dovuta a una scelta che pur se istantanea resta tale e come tale va trattata e condannata sia socialmente sia giuridicamente. E’ dunque inammissibile e inaccettabile quanto scrive il magistrato nella maggior parte delle sentenze ( che paiono fotocopie) ovvero: “La pena appare correttamente determinata e adeguata”. Appare infatti, non è. Anche perché grazie all’istituto della condizionale si ha solo l’ effettività della condanna ma non della pena. La nostra vita può valere niente? No! La parola “incidente” solleva interiormente, filosoficamente, moralmente e giuridicamente dal concetto di responsabilità che invece va enfatizzato anche a livello preventivo, non solo dalla società stessa ma anche dalla legge. E se è vero che la legge non ammette ignoranza, allora siamo al paradosso: ammettiamo l’ignoranza della legge per legge quando, per chi infrange le regole stradali, adottiamo provvedimenti blandi o nulli giustificano un comportamento che razionalmente dovrebbe essere considerato reato – e che uccide in media ogni giorno dodici persone – chiamandolo con un nome che sposta la responsabilità personale al di fuori di noi pur essendo invece oggettivamente evidente nei fatti.
PREMESSO CIO’ E IN VIRTU’ DEL FATTO CHE LA LEGGE debba essere “ispirata ai principi di proporzione, adeguatezza e graduazione, espressamente enunciati dall’art. 2, numero 59, della legge di delegazione 16 febbraio 1987, n. 81 (Delega legislativa al Governo della Repubblica per l’emanazione del nuovo codice di procedura penale), la quale prevede, altresì, l’adeguamento del nuovo codice di rito ai principi della Costituzione e alla normativa convenzionale internazionale” (Corte Cost. sentenza 265 2010).
SI CHIEDE: 1) di fare opera di sensibilizzazione civica e giuridica ( dunque verso la società intera e verso legislatori e magistrati) cominciando a dare a questi delitti il loro nome: Reati stradali. Omicidi stradali in ognuno dei casi in cui viene provocata la morte per cause dovute alla mancanza di osservazione di leggi e regolamenti. 2) che, per quanto riguarda l’articolo 589 del c.p. che sia fatta distinzione netta fra gli omicidi commessi su strada attraverso un mezzo meccanico e le altre tipologie di omicidi colposi. Questo per evitare, come oggi accade, che uno influisca sull’altro nella scelta delle pene da applicare, generando condizionamenti che influiscono negativamente su reati che non possono essere equiparati sia per dinamica, sia per livello di pericolosità sociale (data l’elevata numerosità dei reati stradali che rappresentano il caso di delitto più numeroso ogni anno, attualmente la media è di 12 persone al giorno, un’emergenza sociale). Rilevando che nel comune sentire e nel comune dialogo anche giurisprudenziale o legislativo(si veda per esempio il DDL 2925 del Sentore luigi Li Gotti) è norma comune usare il termine “omicidio” stradale” per distinguerlo da altri omicidi ritenuti attualmente colposi, si chiede di eliminare dall’ articolo 589 il reato stradale che provoca la morte (distinguendolo così definitivamente dagli altri reati colposi) e di inserirli in un articolo proprio ( che potrebbe essere anche 589 bis) con denominazione: omicidio stradale. 3) si chiede altresì, essendo qui il nodo che impedisce l’effettività, ovvero l’inderogabilità della pena – e proporzionalità rispetto alla gravità del reato commesso – di ridurre il peso degli elementi soggettivi del reato, ovvero il dolo e la colpa, in quanto la linea di confine che li separa è sottile e suscettibile all’interpretazione del magistrato, cosa dimostrata nei fatti da sentenze di condanna che per lo stesso delitto danno risultati opposti nei due gradi di giudizio (vedi caso Lucidi), rendendo palese l’inadeguatezza della legge, la sua instabilità e la sua rinuncia alla responsabilità che viene così rigettata sulle spalle del magistrato stesso, che è a sua volta privato di uno strumento certo dunque in grado di permettere l’applicazione dei principi fondamentali della pena, descritti nella premessa. Dolo e colpa infatti si configurano entrambi quando l’agente ha previsto la possibilità del verificarsi dell’evento, ciò che attualmente li distingue l’uno dall’altra fa parte di elementi soggettivi, non confutabili con l’onere della prova e suscettibili alla possibilità che l’agente – per salvaguardare la propria libertà di movimento – menta rispetto agli intenti dell’azione che nessuno può accertare al di là di ogni ragionevole dubbio. Nello specifico: Nella colpa la previsione dell’evento è correlata alla convinzione che l’evento non si sarebbe verificato ( convinzione che lede il canone della ragionevolezza: non è ragionevole pensare che passando con il rosso o andando ad elevata velocità in un centro urbano non sia possibile fare del male a se stessi o agli altri). Nel dolo la previsione dell’evento è invece correlata all’accettazione del rischio che l’evento si realizzi (possibilità ragionevole quando ci si mette alla guida sotto l’effetto di sostanze stupefacenti, o quando per negligenza, impudenza, imperizia, mancanza di osservazione di leggi e regolamenti, si uccide). Sono entrambi comportamenti derivanti da una volontà, da una scelta, anche se istantanea (non si può dunque parlare di colpa nel senso inteso nel codice penale): passare con il semaforo rosso; superare i limiti di velocità consentiti specie nei centri urbani e in luoghi sensibili ( scuole, chiese, parchi); guidare con una mano impegnata con il telefono e l’altra con la sigaretta; fare un sorpasso in curva; invadere la corsia di marcia opposta; attuare comportamenti pericolosi che vanno stabiliti ragionevolmente e scritti inequivocabilmente nel nuovo articolo di reato, nel quale saranno le aggravanti e le attenuanti a determinare la gravità del comportamento. 4) si chiede l’ergastolo della patente in caso di omicidio stradale quando commesso per mancanza di rispetto di leggi e regolamenti come descritto inequivocabilmente nel nuovo articolo del c.p. relativo all’omicidio stradale. Un deterrente sicuramente valido per chiunque pensi di non poter essere mai Vittima, ma di poter diventare omicida: l’atteggiamento comune infatti è quello di mettersi dalla parte di chi uccide perché sono molte le persone che non rispettano le regole stradali e guidano senza la consapevolezza che una macchina può diventare un’arma o una tomba. Bisogna allora incidere pesantemente sul secondo valore più importante nella scala dei valori umani per avere un deterrente valido ( il primo è la vita che però viene data per scontata e che sentiamo come eterna nel nostro vivere quotidiano): la libertà di movimento. Se per un parcheggio mal fatto vengono tolti per due anni due punti dalla patente, per un omicidio la patente deve essere sottratta a vita o per un tempo non inferiore ai dieci anni (non si andrebbe contro la Costituzione perché nel 2012 ci sono mezzi sufficienti per muoversi nel paese). Levare la macchina significa levare la comodità di girare, certo non la possibilità. Di certo significa anche, nel contesto di cui si parla in questo documento, salvare delle vite umane. Dieci anni sono l’arco di durata di una patente prima di ripetere l’esame, dieci anni possono essere il periodo in cui la patente viene sospesa quando ci si macchia, per mancanza di osservazione di leggi e regolamenti, di omicidio. Un deterrente certamente efficace questo in grado di formare la morale interiore individuale, come accaduto con la patente a punti per esempio per il casco e la cintura di sicurezza che prima nessuno portava.
Il ritiro deve essere immediato e permanere fino a chiusura del procedimento penale, cosa che oggi non accade perché le procure restituiscono nella stragrande maggioranza dei casi il documento a chi si è macchiato di omicidio stradale. Dal momento che la vita è più importante ( e anche necessaria alla libertà di movimento stessa) della libertà di movimento, può essere restituita solo alla fine dell’intero procedimento giudiziario se si accerta l’estraneità al fatto dell’imputato: cosa quasi impossibile quando si tratta di omicidi stradali perché c’è sempre ( tranne nei casi di pirati) la flagranza di reato. 5) si chiedono processi brevi e di attuare la Decisione quadro dell’Unione Europea 15 marzo 2001, che riguarda i Diritti delle Vittime nel procedimento penale, con particolare attenzione al sostegno nelle fasi più delicate ( riconoscimento salma, burocrazia ecc.) del difficile percorso di recupero dei familiari degli uccisi. Secondo l’ONU Vittime sono anche i familiari di chi viene ucciso status che deve essere riconosciuto anche nei tribunali italiani dove si vede spesso un giudice o un Pubblico Ministero trattare senza rispetto della dignità umana queste persone. 6) si chiede altresì di tenere in considerazione le diverse proposte di legge depositate o meno alla Camera o in Senato sia da Senatori e Parlamentari, sia da Associazioni quali per esempio, ma non solo: la Lorenzo Guarnieri (www. lorenzoguarnieri.com), che unitamente all’ASAPS ha raccolto ben sessantamila firme a riprova che i cittadini vogliono pene certe e adeguate per quello che ritengono un reato gravissimo contro la vita, al punto di non riconoscere l’ aggettivo ”colposo”, e chiedono che chi ha ucciso non possa guidare mai più un mezzo nelle strade italiane. Purtroppo però questa mentalità si sta radicalizzando solo per quanto riguarda i delitti commessi sotto l’effetto di stupefacenti, va invece allargata a tutti quei comportamenti di cui sopra; l’ AGUVS visibile nel sito www.giustiziavittimestrada.org;l’AIFVS visibile nel sito www.vittimestrada.org; l’AGUVSL che, tramite l’avvocato Domenico Musicco ( www.studiomusicco.it) , chiede la possibilità per i familiari delle Vittime di esprimere un parere sulla richiesta di patteggiamento da parte del colpevole che, lo ricordiamo, il giudice può sempre rifiutare, trovandosi poi però a non poter rifiutare il rito abbreviato che riduce di un terzo la pena, permettendo per legge uno “sconto” a chi commette il peggiore dei reati: l’omicidio. Si chiede con forza che le pene siano rese effettive in TUTTI i casi di violazione delle regole stradali più significative tra le quali: passare col rosso, superare chi è fermo per fare passare i pedoni, superare la velocità consentita soprattutto vicino a zone sensibili, andare contro mano, fare sorpassi azzardati dove non è consentito.