di Redazione
23 agosto 2013
FANO – “Siamo veramente indignati dalle risposte ricevute dai due presidenti di Aset ed Aset Holding (pubblicate sul sito internet del movimento www.azionepopolare.pu.it) che hanno negato l’accesso agli atti e la pubblicazione sui loro siti istituzionali dei compensi dei dirigenti e dei quadri delle due società, nonostante il Comune di Fano gli avesse impartito di consegnarli a noi del “Fronte di Azione Popolare” (a seguito delle richiesta d’accesso agli atti) e di pubblicarli sui loro siti internet, riconoscendoli carenti di informazioni”.
Queste le dure parole di condanna del Presidente Giacomo Rossi del FAP innanzi all’ennesimo arroccamento dei presidenti delle partecipate fanesi Giovanni Mattioli e Giuliano Marino. Rossi non si ferma: “Se il Direttore Generale del Comune di Fano Giuseppe De Leo, che come è noto presiede il comitato di controllo analogo sulle società partecipate in house providing, non riesce ad imporre la sua autorità a queste aziende, che proprio in virtù del loro statuto non possiedono alcuna autonomia amministrativa e sono assimilabili in tutto per tutto ad un qualsiasi servizio interno del loro ente controllore, significa che ci sono parecchie cose che non funzionano nell’amministrazione fanese. Al di là dei formalismi, non capiamo perché non si vogliono fornire questi dati. C’è forse qualcosa da nascondere, che non si può rivelare? Non pensiamo che possa trattarsi di un problema di tutela della privacy, visto che gli enti locali pubblicano questi dati già da tempo. Il fatto è che queste società si sono arrogate nel tempo il diritto alla totale autonomia che però per Legge non possono avere, gestendo di fatto dei servizi pubblici che sono stati affidati loro direttamente senza gare d’appalto, solo in virtù del loro statuto di società in house providing. Riteniamo che è troppo comodo da parte di questi amministratori, rispondere burocraticamente che queste aziende non sono tenute ad espletare agli adempimenti sugli obblighi di trasparenza, perché non compaiono nell’elenco citato dall’articolo 1 comma 2 del D.Lgs n. 165/2001, come peraltro avevamo già anticipato noi del FAP, quando la CIVIT, l’apposita Commissione Governativa Indipendente per la Valutazione, la Trasparenza e l’Integrità delle Amministrazioni Pubbliche, in un recente parere del maggio 2012, ha auspicato che anche le società partecipate da enti pubblici ispirino i propri comportamenti a tali principi. Queste società quando gli fa comodo si comportano come amministrazioni pubbliche, ma in casi come questo preferiscono atteggiarsi a società private. Infatti dalle risposte pervenute, sembrerebbe che i due presidenti, le ritengano assimilabili a quelle operanti nel libero mercato del rischio. Ma le cose non stanno assolutamente in questi termini, in quanto queste società gestiscono risorse interamente pubbliche che se gestite male comportano eccome aggravi della spesa pubblica, vista la possibilità che hanno di aumentare le tariffe dei servizi rivolti all’utenza pubblica e di far ricadere eventuali deficits sul bilancio degli enti di derivazione. Le dichiarazioni solenni con cui si vuol dare risalto all’autonomia finanziaria di queste aziende, che traendo pienamente i loro ricavi dalle loro attività industriali e commerciali, non peserebbero sulla spesa pubblica, non deve trarre in inganno, trattandosi pur sempre di corrispettivi provenienti dall’utenza pubblica e non dal libero mercato soggetto alla concorrenza privata. Queste aziende che non possono avere quindi alcuna autonomia imprenditoriale, sono soggette oltre che al controllo analogo da parte dell’ente tutore, anche al Patto di Stabilità interno, tutti provvedimenti di legge che hanno l’obbiettivo comune di tenere sotto controllo la spesa pubblica. Il rifiuto allineato degli amministratori di Aset ed Aset Holding, di rendere note le retribuzioni dei propri dirigenti, giustificato con interpretazioni capziose delle normative vigenti, altro non è che una strenua difesa degli interessi di una casta privilegiata che vive tuttora sontuosamente sulle spalle dei cittadini oberati dalla crisi economica. Una casta timorosa di rivelare i costi sostenuti per il mantenimento di un apparato che con l’unificazione delle due società vedrebbe coesistere ben sette dirigenti e diversi dipendenti apicali, che probabilmente con la nuova riorganizzazione aziendale che partirà dal nuovo anno andranno a sovrapporsi creando inutili doppioni. Ricordiamo che si vocifera che i sette dirigenti percepiscano attualmente almeno 700.000,00 euro lordi all’anno senza oneri previdenziali ed assistenziali (ma vorremmo poter verificare la cifra esatta) e che nessuna di queste figure abbia mai sostenuto un concorso pubblico per vedersi affidare tale incarico. Il FAP a questo punto invita il Sindaco Aguzzi e il Dott. De Leo a far chiarezza sulla legittimità dell’indipendenza amministrativa assunta dalle due società partecipate nei confronti dell’ente e sulla liceità di certi comportamenti contrari alle normative sulla trasparenza nella P.A., precisando che il movimento in quanto portatore di interessi dei cittadini utenti, si riserva di denunciare agli organismi di controllo preposti, l’esistenza di eventuali abusi ed omissioni commessi in solido dai responsabili dell’amministrazione comunale con quelli delle suddette società partecipate”.