di Redazione
2 agosto 2013
PESARO - “Il dopo ferie ci preoccupa. Possiamo già parlare di miracolo se la maggior parte delle aziende che alla fine di questa settimana chiuderanno per ferie, non decideranno nel contempo di abbassare definitivamente le serrande dei propri laboratori”.
La preoccupazione è espressa dai vertici della CNA di Pesaro e Urbino sulla base delle previsioni che indicano un terzo trimestre dell’anno ancora in decisa sofferenza, soprattutto nei comparti tipici della nostra provincia: mobile, meccanica, tessile, nautica.
L’allarme è concreto ed i segnali non sono affatto rassicuranti. “Abbiamo l’impressione – dice il segretario provinciale della CNA di Pesaro e Urbino Moreno Bordoni – che alcuni imprenditori a settembre decideranno di non riaprire i battenti. Altre ancora, nell’ipotesi meno negativa, che hanno già fatto richiesta per quel periodo della cassa integrazione. Ci sono poi alcune aziende che stanno resistendo strenuamente alla crisi ed altre ancora (poche in verità), che addirittura a fine agosto riprenderanno l’attività a pieno ritmo. D’altra parte i dati relativi al secondo trimestre dell’anno danno un quadro generalizzato orientato ancor in negativo, con qualche punto di crescita limitatamente ad alcuni settori e alle aziende impegnate nei mercati esteri.
Le imprese attive nella provincia di Pesaro e Urbino censite nel II trimestre del 2013 dal registro delle imprese della Camera di Commercio sono 36.977 unità. Nel II trimestre 2013, come del resto nello stesso periodo degli anni precedenti, si rileva una lieve crescita del numero di imprese attive ma sia nelle Marche sia nella provincia di Pesaro e Urbino, il numero di imprese attive continua ad essere inferiore a quello rilevato nel 2010.
“Posto infatti uguale a 100 il numero di imprese attive nel 2010 – commenta il presidente provinciale dell’associazione Alberto Barilari – nel 2013 nella provincia di Pesaro e Urbino risultano attive poco più del 98% di quelle attive nel 2010; nelle Marche poco oltre il 99%, mentre nella circoscrizione del Centro Italia il livello del numero di imprese attive non risulta essere mai inferiore a quello registrato nel 2010. La riduzione del numero di imprese attive risulta più consistente per la provincia di Pesaro e Urbino se confrontiamo il dato del II trimestre 2013 con quello del 2009 che non tiene conto della ridefinizione dei confini provinciali (in seguito alla fuoriuscita dei comuni della Valmarecchia dalla regione): sono circa il 93% di quelle rilevate nel 2009”.
Secondo le analisi del Centro Studi della CNA, l’andamento dei tassi di crescita, calcolati per ogni trimestre dal rapporto tra il saldo delle iscrizioni e delle cessazioni sulle imprese registrate ad inizio periodo, conferma una situazione più sfavorevole per la provincia di Pesaro e Urbino dove i tassi di crescita risultano quasi sempre inferiori a quelli rilevati nelle Marche, nel Centro Italia e nel Paese.
Nel corso dell’ultimo anno continua a ridursi il numero di imprese attive localizzate nella provincia di Pesaro e Urbino: nel periodo II trimestre 2012 – II trimestre 2011 si contano 664 unità locali in meno (pari al -1,76%).
Dal punto di vista delle attività economiche il settore più colpito dalla riduzione di imprese attive è quello delle costruzioni (-273 unità in un anno), seguito da quello dell’agricoltura, silvicoltura e pesca(-115 unità), dal manifatturiero (-138 unità), dal commercio (-93 unità), dai trasporti e magazzinaggio (-47 unità).
“Insomma – concludono Bordoni e Barilari – un quadro generale ancora a tinte fosche, almeno stando ai numeri e agli “umori” degli imprenditori che non intravedono ancora una ripresa della propria attività. Qualcosa in verità si sta muovendo sul fronte dell’edilizia e della meccanica, mentre sono ancora in crisi nera il mobile, il tessile, la nautica”.
“Se non si mettono in campo interventi urgenti – avverte Moreno Bordoni – rischiamo di perdere gran parte del patrimonio imprenditoriale di questo territorio. Certo tante piccole imprese che chiudono nel nostro territorio non riescono a fare tanto rumore come la vertenza della Indesit. Eppure attorno a tante piccole imprese che chiudono ci sono altrettante famiglie che soffrono. Le ricette le abbiamo indicate più volte. Per quanto riguarda le imprese, la necessità di guardare a nuovi mercati, all’estero e la possibilità di mettersi in rete e collaborare. Per quanto riguarda le istituzioni, ridurre immediatamente la pressione fiscale, anche a livello locale; favorire le imprese territoriali negli appalti pubblici; provvedere a saldare – così come previsto da appositi decreti del Governo – i debiti delle PA (circa 20 milioni di euro), nei confronti delle aziende; ridurre la burocrazia”.
“Discorso a parte va fatto per il credito – aggiunge il presidente Barilari – far ripartire linee creditizie agevolate nei confronti delle aziende significa far ripartire l’economia. Le politiche creditizie degli istituti di credito (anche locali), hanno invece puntato a favorire fino ad ora solo i grandi con le conseguenze che sono sotto gli occhi di tutti e lasciando a secco invece tante piccole aziende che costituiscono la vera risorsa del nostro sistema territoriale. I cordoni della borsa per le piccole e micro imprese hanno continuato ad essere inesorabilmente chiusi. “Occorre – chiosa il Barilari – dare una svolta radicale a questo tipo di atteggiamento delle banche. Fino ad ora sono stati i soli Consorzi Fidi, come Fidimpresa Marche a garantire linee di finanziamento a molte di queste aziende. A loro e solo a loro, va il merito di aver salvato centinaia e centinaia di imprese durante questi ultimi tre anni”.