di Redazione
14 luglio 2013
PESARO – Il fine settimana è molto ricco di messaggi che ci invia Raffaele Pierotti. Proponiamo quello pervenuto sabato sera.
Hornillos del Camino spunta dal nulla nella vallata. Sembra, un’oasi, ricca di alberi. La via stretta dove il sole rimbalza e rende unico il nostro ingresso è una sorta di western, senza registi, senza teatri di posa. Mi rendo conto da ciò che vivo e sento del perché certi uomini di un tempo erano taciturni, violenti, soli. Nel bar chiedo alloggio per il cavallo e mi conducono Carmen, una signora attraente dagli occhi che valutano, vanno a fondo, cercano di capire. E’ uno sguardo che non mi imbarazza e lo accetto sorridendo pensando a quale sangue derivi quella donna: da qualche Hidalgo al seguito di Cortez? Uno di quelli che, attraverso la polvere sollevata da calienti cavalli di razza e una spada insanguinata, hanno fondato città nel Nuevo Mundo? O hanno lottato contro i Mori guadagnandosi terre immense? Carmen mi dice che ho l’aria da gringo mentre mi mostra un campo d’erba e per 5 euro mi trova alloggio in una palestra fornita di tutto: 25 brande con materassi, bagni con doccia e corrente elettrica. Tutto funzionante e pulito. E sono solo a utilizzare tutto questo. Quando registra la mia carta d’identità dice che nella foto ho l’aspetto di un avvocato. Non riesco a non andare col pensiero al mio amico avvocato, Alfredo Orlando… e sorrido felice quella serata del 8 luglio.
Lentamente il territorio comincia a cambiare dopo le prime ore del mattino. Temperatura attorno ai 40 gradi, campi meno verdi, centinaia di pale eoliche sulle montagne circostanti, meno acqua, percorso segnalato male alcune volte, meno paesi e alcuni pieni di squallore.
A Fromenta trovo erba che comincia a essere meno nutriente e acqua in abbondanza. La poca popolazione è gentilissima e i locali come sempre sono puliti e accoglienti. Affogo la stanchezza in qualche boccale di birra e la testa mi dice di continuare. Ma il corpo non si muove. Oggi siamo saliti su una ripida mesa e ridiscesi sotto una calura che ci ha resi suscettibili e annoiati. Con disprezzo maledico l’infinito, gli occhi ridotti a fessure guardano con rispetto la terra spagnola disegnando rughe a non finire, sento Oana seguirmi con fiducia estrema. Siamo entrambi soli. Lei ha solo me. Sono io che ce l’ho portata, lei non sarebbe stata così pazza.
Il coreano che raggiungo traballa davanti a me. Cerca ombra in un deserto, “il deserto dagli uomini con l’ombra sulla schiena”. Io e Oana siamo con il treno. Nonostante tremila chilometri andiamo veloci, velocissimi. Dove abbiamo tanta tenacia e forza non sappiamo. Il coreano è scomparso. Ci sono alcune piante a Puente Fitero, si sarà buttato lì. La sera del 9 ci fermiamo a dormire a Fromenta. Smak.
Umore nerissimo che si addensa nei polmoni. Solo a Carrion de los Condes riacquisto la calma perché e’ veramente una bella cittadina. Sento Angela al telefono e ancora una volta la sua spiritualità mi coinvolge. Un desiderio che continuamente deve riempire con la Fede che in lei è speciale. Poi 17 chilometri lungo una prateria che mi appare familiare, ma sembra non avere fine. Ho le caviglie molto pesanti e monto in sella. Oana si allunga in un bel passo e mi rendo conto di quanto sia in gamba. Il collo si muove bene, la corta criniera ondeggia lievemente, il posteriore si abbassa un poco mostrando i suoi difetti, il suo tallone d’Achille. Prendo dei riferimenti: quella pietra, quel ciuffo d’erba, quel puntino laggiù…
Dopo un tempo infinito e pensieri inenarrabili mi fermo nel bar del pueblo di Ledigos, che segna la metà circa del percorso per Santiago. E ritrovo Thomas con un ragazzo mezzo euforico e una ragazza gelida. Mi dicono che ormai sono famoso lungo il Camino e mi offrono birra a volontà. Dopo un po’ devo ripartire per non finire ubriaco. A Terradillo non desiderano ospitare Oana benché ci sia il posto. Io posso cenare, ma lei no. Rispondo che la gentilezza spagnola non è il loro forte e che Oana va dove vado io e viceversa. Scuoto la polvere dei miei scarponi e arrivo a Moratinos dove, con mia sorpresa, trovo un albergo gestito da un italiano, Bruno, che ospita la mia grande cavalla nel suo patio pieno d’erba buona. Anche le penne che mi cucina sono squisite. Poi arrivano Oscar, un ebreo spagnolo molto simpatico e l’amico di Thomas. Con grappa e discorsi mi tengono impegnato fino a tardi e alla fine non mi gusto il riposo e non faccio la doccia.