Ricci e Giovannini: “Ripartiamo dal lavoro”. Un ex imprenditore oggi disoccupato: “Ma facciamo qualcosa anche per gli over 35″

di 

15 giugno 2013

 

PESARO – Senza soluzione di continuità. Enrico Giovannini, ministro del Lavoro, chiude a Roma il vertice europeo in serata con la raffica di domande dei cronisti. Che tornano subito alla carica la mattina dopo, appena il ministro, invitato da Matteo Ricci, si presenta a Pesaro. Il saluto con il presidente della Provincia e il prefetto Attilio Visconti. Poi scatta ancora l’assalto dei flash. Tempi stretti: c’è il consiglio dei ministri convocato nel pomeriggio. «Ma quello dedicato al lavoro lo faremo tra qualche giorno, prima del summit comunitario del 26 e 27 giugno», chiarisce lui. Nel mezzo il convegno in Prefettura, con il rilancio su Bes e lavoro. E con i disoccupati che lo fermano nei corridori. Ma l’ex presidente Istat non perde l’aplomb.

 

I NODI – Giovannini non sceglie il surplace: «Lavoreremo insieme agli altri Paesi per sviluppare l’idea di partnership pubblico-privato. Bisogna creare nuova occupazione, il problema non si risolve solo con fondi pubblici». Va avanti: «Per l’Europa ci sono 6 miliardi di euro a disposizione. Per l’Italia sono 500 milioni: bisogna concentrarli sul 2014-2015». Insomma, si guarda ai fondi comunitari: «Abbiamo l’occasione unica di accorpare i residui del 2007-2013 con il nuovo ciclo 2014. Mettendoli insieme si crea una potenza di fuoco rilevante. Ma alla fine non dimentichiamo che l’occupazione dipende anche dalle imprese». Tradotto: «Serve un meccanismo start up. Tutto il sistema produttivo, privati inclusi, deve farsi carico di rispondere alle necessità». Sulle coperture finanziarie del provvedimento in uscita da Palazzo Chigi: «Le stiamo definendo. Con le parti sociali prosegue il dialogo: vogliamo misure condivise ed efficaci». Prima di prendere la parola nel Salone Metaurense, dopo gli interventi del sindaco Luca Ceriscioli e del presidente Cnel Antonio Marzano, c’è spazio per una battuta sull’Indesit: «Vedrò l’amministratore delegato Milani nella prossima settimana. Saremo a fianco del ministero dello Sviluppo Economico nel tavolo». E sul percorso del Bes, portato avanti con la Provincia, aggiunge: «E’ un modo condiviso di descrivere il Paese che vorremmo costruire. L’operazione è molto più di una serie di indicatori. L’agenda Bes deve diventare quella del governo e del Paese. Le azioni che il mio ministero vuole portare avanti vanno in questa direzione. Come l’adozione del nuovo Isee, indicatore della situazione economica equivalente, che è estremamente importante per migliorare l’equità». Da varare entro luglio, «in modo che le amministrazioni locali possano disegnare i servizi sociali, e non solo, in funzione di questa misura. Ogni giorno in più di nuovo Isee non applicato è un giorno in più di ingiustizia sociale».

 

LA SFIDA – Non si risparmia, Giovannini. E Matteo Ricci apprezza. Il presidente della Provincia osserva che «siamo in una fase drammatica dal punto di vista economico e sociale. Mai come oggi il Paese si ritrova con un problema occupazionale enorme. E’ evidente che gli sforzi della politica e del governo devono andare tutti nella direzione di risolvere queste emergenze. Ma al tempo stesso occorre ripensare un nuovo modello di sviluppo. Serve cambiare le regole del gioco. Il Pil? Rimane indicatore fondamentale, ma non è più sufficiente per misurare il progresso di una comunità». Per cui, «la sperimentazione che è nata a Pesaro sul Benessere Equo e Sostenibile, attraverso l’Istat nazionale, è appunto la volontà di andare oltre il Pil. Per misurare il livello occupazionale, le disuguaglianze, la salute e l’aspettativa di vita, le questioni ambientali. Oggi presentiamo lo studio, per la provincia e per altre grandi città. Tanti amministratori vogliono misurare la crescita attraverso il nuovo indicatore».

Ricci puntualizza: «Nella qualità della vita abbiamo avuto un primato per anni. Oggi dobbiamo difenderlo con i denti. E’ chiaro che il centro di tutta la discussione, anche nel nostro territorio, è la questione lavorativa. Su questo fronte, lo studio Istat dice che rimaniamo con dati migliori rispetto alla media regionale e nazionale ma la tendenza è fortemente preoccupante. Perché con la crisi abbiamo quasi triplicato la disoccupazione, prima solo fisiologica. Oggi siamo arrivati all’8 per cento. Dobbiamo aggredire questo tema: dal basso stiamo provando a fare tutto quello che si può, sia per resistere che per innovare. Ma abbiamo bisogno di politiche europee e nazionali più forti. Avere con noi il ministro del Lavoro, che ha incentrato gran parte del suoimpegno sul tema dell’occupazione giovanile, dimostra che Giovannini non solo ha un pensiero lungo da portare avanti ma anche le idee chiare. Senza lavoro il benessere delle persone crolla drasticamente. E per mantenere la qualità della vita e il benessere di questo territorio non si può che ripartire dall’occupazione».

 

LA POLITICA –Si presenta il primo rapporto “UrBes”. Anche il ministro vede il lavoro intrecciato al Bes: «Oggi – dice – è una bella giornata per chi per anni ha lavorato su questi temi. Quella sul Bes è una sfida che tutti dovrebbero cogliere. Portiamo a compimento un progetto importante. E per me è un grande piacere essere con voi. Ringrazio Matteo Ricci che anni fa, nel nostro primo incontro, si mostrò convinto che questa fosse la strada giusta. E nonostante le grandi difficoltà degli enti locali ha insistito su questo modello, indicando la direzione a tanti altri sindaci, presidenti di Province e governatori». Prima di chiudere, Giovannini ribadisce: «Il concetto di benessere si concentra sul lavoro. La politica deve agire. Il Governo sta intervenendo, anche in questi giorni, per rilanciare un ciclo economico senza la cui ripresa parlare di benessere è estremamente complicato. Solo poco più dell’1 per cento dei giovani che ha un lavoro è alla ricerca di un’occupazione migliore. Così non va. Non essere sempre alla ricerca di un miglioramento è segnale di distopia: combattiamo questa situazione». E un modo per farlo – dopo aver auspicato che il «life in Italy» diventi il marchio del Paese nel mondo – è anche ascoltare la voce di Carmine Dileo, ex piccolo imprenditore nell’alimentare, costretto a chiudere la sua attività. Attende il ministro nei corridoi della prefettura, i due conversano. A margine il disoccupato commenta: «A 41 anni ho chiuso l’azienda. Troppe tasse. Sono venuto nelle Marche da Cerignola, risiedo a Montelabbate, mi sono sacrificato con la famiglia. Ora siamo tutti disoccupati da anni con il mutuo da pagare. Le agenzie interinali chiudono. I politici devono fare qualcosa anche per gli over 35. Giovannini ha idee, è una brava persona, con me è stato disponibile. Devono permettergli di andare avanti».

 

Lascia un commento