31 marzo 2013
PESARO – A sei giornate dalla conclusione della stagione regolare del campionato italiano di basket, a due da quello di volley femminile, a salvezza vicina per la Scavolini e con la Kgs ai playoff, uno degli argomenti più gettonati è il futuro delle due società sportive pesaresi che disputano tornei di vertice.
Si è azzardata anche l’ipotesi di un unico sponsor. Ci sembra di sognare. Ne arrivasse mezzo per ognuna sarebbe una festa.
Ma c’è anche l’ipotesi, per niente campata in aria, di perdere una o addirittura entrambe le realtà.
Ora, detto che è molto facile parlare con i soldi degli altri e che troppi idioti in servizio permanente effettivo continuano a intimare al “falegname” (termine dispregiativo, usato da chi non è certo un Premio Nobel della Medicina o della Fisica) di tirare fuori i soldi per la Vuelle, e detto che senza la famiglia Scavolini i due scudetti del basket e i tre del volley sarebbero una chimera, è doveroso ricordare che senza l’intervento della Scavolini prima e della Banca Marche poi, forse oggi la Vuelle se la passerebbe peggio della Sutor Montegranaro. Il problema, che Valter Scavolini ha ribadito in più occasioni, è che non si può più confidare nel singolo mecenate. Quale azienda, oggi, può correre il rischio di lasciare a casa centinaia di dipendenti, metterli in cassa integrazione, per investire nello sport? Piaccia o no, questa è la realtà.
Solo i consorzi, come dimostra Varese, possono affrontare la difficile congiuntura economica. La scorsa estate, su idea di chi scrive, fu promossa una raccolta di fondi per aiutare la Vuelle. Entrarono, in diversi mesi, poco più di 10.000 euro. A Treviso, per tentare di salvare una società poi cancellata dalla Federazione Italiana Pallacanestro, raccolsero poco meno di 60.000 euro in in paio di settimane. E’ giusto non dimenticarlo.
Ora, nel momento più difficile dal dopoguerra a oggi, sembra paradossale che si possano destinare energie allo sport professionistico, sottraendole ad altro obiettivi. Lo sport di vertice, però, assolve a importanti funzioni, come quello di essere un esempio (troppo spesso negativo, purtroppo) a chi fa attività di base, quella più importante, quella che per ogni euro investito ne restituisce 7 di risparmio nelle spese sanitarie.
Ecco l’importanza di trovare nuova linfa per il Consorzio Pesaro Basket, i cui soci sono diminuiti pericolosamente. Proposta: se invece di averne 20 a 25.000 euro di quota se ne trovassero 100 da 10.000? C’è un esempio importante che arriva dal mondo della pallacanestro europea, da Manresa, già avversaria della Scavolini in Coppa Korać. Il direttivo della società catalana ha attivato una piattaforma di crowdfunding, di ricerca di denaro attraverso la gente, e l’ha definita: “40 años, 40.000 euros, 40 días”. 40 anni, 40.000 euro, 40 giorni”. Per salvare una storia quarantennale era necessario reperire 40.000 euro in 40 giorni. Vi sembra poco? Ricordate l’esempio dei 10.000 euro raccolti a Pesaro.
Simile raccolta si potrebbe avviare anche in città, nella provincia di Pesaro e Urbino, partendo da “100 giorni per 100 quote da 10.000 euro”. Un consorzio che portasse in cassa 1 milione farebbe scattare la molla della passione di Valter Scavolini, visto che soci alla pari non se ne trovano. E quando se ne trovano a restare dispari è sempre la famiglia Scavolini.
Per quanto riguarda il volley, la Kgs Robursport, appreso che un’unione con Urbino sembra impossibile (eppure entrambe le società si chiamano Robur), è doveroso attivarsi per evitare di trasferire il titolo alla vicina Romagna. Non per essere campanilisti con i soldi altrui, ma la provincia di Pesaro e Urbino ha perso già una parte importante del territorio, perché “regalare” anche se a pagamento una realtà così gloriosa qual è la Robursport? Perché non pensare a un accordo con Fano, dove la pallavolo è una realtà più importante della pallacanestro? L’esempio recente offerto dall’Italservice Pesaro Fano di calcio a 5, militante in serie A2, è migliore degli stupidi fossati. Cosa ne pensa il presidente Giancarlo Sorbini?
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