di Redazione
14 febbraio 2013
E’ la seconda puntata del racconto del primo scudetto visto da Milano con gli occhi di un pesarese innamorato della Vuelle
di CARLO ALBERTO CORSI
Giochiamo i quarti con Caserta che vantava un tiratore da tre quasi infallibile come Oscar e cosa ti combina Bianchini?, gli mette addosso Cook e avete già capito che fine abbia fatto il cannoniere brasiliano. Già perché mi chiederete come fosse Cook. Spiegazione rapida purtroppo di marca calcistica: era un centrocampista fantastico che, quando aveva voglia di marcare, non ce n’era per nessuno. Quando poi era in giornata era anche capace di far trenta punti.
Semifinale con Varese con un ricordo piacevolissimo ed un altro molto spiacevole: quello piacevole è il ritorno a casa dalla squadra dopo il match vittorioso di Varese, con Cook che ballava sul cofano di una macchina, quello spiacevole invece legato al cosiddetto maestro di giornalismo, così adorato dai Buffa della situazione, Aldo Giordani che, alla Domenica Sportiva, sulla RAI, fa rivedere al rallentatore diecimila volte la famosa azione in cui Cook dopo aver tirato e sbagliato il canestro della vittoria, cattura il rimbalzo e mette un unghia fuori della linea laterale prima di segnare. Apriti cielo!!!! La Scavolini viene accusata di furto etc. etc. anche perché il cosiddetto maestro Giordani stava così preparando la finalissima della sua amata Tracer (forse) Milano.
Dove invece vengono ribaltati tutti i pronostici visto che la sequenza delle partite (si andava al meglio delle tre vittorie) era stata congegnata in modo tale che la prima delle due squadre della regular season, cioè Milano, avrebbe giocato in casa la seconda e la terza partita.
E qui arriva il patatrac (per Milano): nella prima partita, Pesaro supera Milano, Cook stende l’ormai vecchio e più rinsecchito che mai D’Antoni, gli altri fanno il resto malgrado a Milano giochi quel cavallo pazzo di Premier che, con tutta la sua follia, era una guardia completa (anche a rimbalzo d’attacco) e a suo modo immarcabile (detta tra di noi, molto più forte e soprattutto vincente di quel Riva che aveva tanti record ma non quello degli scudetti vinti…), per non dire del Magno McAdoo (che poi per vincere qualcosa che non fosse la classifica dei cannonieri ma dell’NBA, è dovuto venire a giocare in Italia). Pesaro si ripete nella seconda, sbancando Milano.
Alla terza, come è logico, Milano pareggia ma, a quel punto, Pesaro deve giocare in casa. L’hangar (il copyright della definizione è mio e ne vado molto orgoglioso) di viale dei Partigiani è largamente insufficiente ma a Pesaro circola un’arietta frizzante, insomma sembra proprio la volta buona, il riscatto dopo tante finali andate a male per i tanti errori commessi nell’allestimento della squadra, cioè nella scelte del play, magari del pivot e anche del coach…
(seconda puntata – continua)
Per leggere la prima puntata clicca qui: https://www.pu24.it/2013/02/11/ah-se-skansi-non-avesse-tagliato-holland/
Salve,
mi permetto una precisazione e sono sicuro della seguente affermazione:
La prima partita fu giocata a Milano al sabato pomeriggio, la seconda a Pesaro e fu 2 a 1 per noi.
La terza si giocò a Milano e vinse la Tracer. La quarta a Pesaro e finì …………….in Viale Trieste …….. alle due di notte!!!!!!
Ago