11 febbraio 2013
Inizia oggi la collaborazione con Carlo Alberto Corsi
Nato a Pesaro “tanti anni fa”, frequentato il Liceo Mamiani, comincia a collaborare assiduamente alle pagine pesaresi del Resto del Carlino e alla pagina nazionale di Stadio, prima di trasferirsi a Milano, dove, tra l’altro, dirige il mensile L’Illustrazione dello Sport (dal 1982 al 1985) e tiene una rubrica sul mensile I Giganti del Basket. Da allora non ha più scritto di sport ma in compenso ha pubblicato cinque romanzi, il primo dal titolo La Storia del Mago (1983), l’ultimo intitolato Io, Caravaggio, risale a dieci anni fa. Continua a lavorare nell’editoria libraria.
A quanto ha scritto lui, noi aggiungiamo che per una lunga, indimenticabile stagione cestistica, iniziata con la prima finale scudetto della Vuelle (1982) e culminata con i due scudetti, è stato riferimento per il basket pesarese quando affrontava la metropoli. I collegamenti con Carlo, prima sulle frequenze di Stereo Pesaro poi su quelle di Radio Città, erano imperdibili.
Il suo primo intervento è in tre puntate. Questa è la prima.
di CARLO ALBERTO CORSI
Purtroppo, cari amici pesaresi, non avete in casa un cantautore come Enzo Iannacci ma, giusto per avviare il discorso del primo scudetto con la solita finale coi milanesi (allora si chiamava Tracer?), in compenso avete Rossini (ho scritto avete anche se sono nato a 100 metri dalla casa di Rossini ….) che magari sarà anche anche un grande operista ma non è un cantautore quindi, vi dirò, con Iannacci che “i ricordi sono come i rutti e come i rutti vengono su”. Beh, sì, capisco, il versicolo non è molto elegante specie in occasione di cotanta ricorrenza come il nostro primo scudetto ma che ci volete fare? Si spera che il resto dell’articolo sia migliore.
Certo che la telenovela, o il teledramma, con Milano è andato avanti così a lungo che, fermarsi a scrivere di quell’annata magica, quella finita con la famosa tavolata che immagino sia ancora nel Guinness dei primati, mi riesce difficile.
In altre parole, il sottoscritto potrebbe scrivere un libro sulle partite tra Pesaro e Milano, a cominciare da quelle di Fava e di Riminucci.
Comunque, che so, potrei partire da un certo punto della stagione in avanti, quando Bianchini, zitto zitto, parte per l’America in cerca di un play e se ne torna a casa con Cook che, sbarcava il lunario in una serie minore, dopo aver giocato alcuni anni nei professionisti. Poi arriva (“preso col Postalmarket”, la definizione è di Bianchini) Darren Daye, debutta a Bologna contro la Virtus di Sylvester (!!!) e desta subito un’enorme impressione. Non per niente aveva un passato (molto recente) coi Boston Celtics.
Ma a Milano, chi c’era a Milano? Ma Peterson, non a caso alla sua ultima stagione, cioè la prima metà della coppia americana più forte della storia del basket europeo quella formata da lui e da un certo Mike D’Antoni (per me l’americano più vincente della storia del nostro basket. Mia convinzione personale: se non avesse giocato in un ruolo in cui i play neri gli davano la paga per via della sua lentezza endemica sarebbe stato un vincente anche nell’NBA. In altre parole, sarebbe stato un Larry Bird, anche lui lento ma in un ruolo dove era possibile permetterselo. Però vi ricordo che tutte le volte che incontravo D’Antoni a Milano gli dicevo: “3 a 0 per Holland” nel senso che aveva perso tutte e tre le partite giocate quell’anno contro di noi. Mia convinzione personale: se Skansi non avesse tagliato Holland per andare a prendere quel perdente di Kičanović, beh, avremmo qualche scudetto in più nel palmares).
(prima puntata – continua)
Feci fa interprete a Holland che letteralmente piangendo chiese a Skansi perché lo mandava via, lo chiese due o tre volte senza che Skansi ebbe il coraggio di rispondere. Poi il Kicia ci fece divertire, ma anche Holland non scherzava i quel senso.