Mazzetti: “Par condicio, ecco cosa deve cambiare”

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8 novembre 2012

Di seguito travate un’intervista che Lorenzo Chiavetta ha fatto a Loris Mazzetti, giornalista e autore Rai, nonché storico collaboratore di Enzo Biagi. L’intervista è dell’estate 2011 e riguarda la par condicio televisiva e la Legge Gasparri. Dopo le elezioni americane e considerando che le elezioni italiane non sono così lontane, alla luce del fatto che il tema della par condicio nel nostro Paese malato non va mai fuori moda, ve la proponiamo in esclusiva. 

Immagine presa dal web

Cos’è, per Loris Mazzetti, la par condicio?

La mancanza di coraggio da parte del centrosinistra, durante gli anni di governo, di realizzare una legge sul conflitto d’interessi.

È davvero possibile garantire la parità d’accesso a tutte le forze politiche, in una RAI così lottizzata dai vari partiti?

La RAI non è più lottizzata. Lo è stata all’epoca della riforma e negli anni Ottanta, quando si arrivò a dividere le tre reti tra Dc, Psi e Pci. Oggi è totalmente governata dalla maggioranza (al momento dell’intervista al Governo c’era ancora Berlusconi, ndr), e quelle poche aree di libertà (vedi Rai3) sono condizionate dalla stessa. La legge Gasparri ha spostato il controllo dal Parlamento al Governo: la proprietà della RAI è per il 99,60% del ministero del Tesoro.

Con la legge 28/2000, voluta da D’Alema, c’è stato qualche miglioramento?

No, la legge fatta da D’Alema, mentre era presidente del Consiglio, doveva servire per riuscire a controllare lo strapotere mediatico di Berlusconi. Di fatto, invece, ha prodotto effetti opposti nelle elezioni in cui il Cavaliere si è presentato come candidato premier.

Andiamo agli anni recenti. Durante le Regionali del 2010, il servizio pubblico ha sospeso i talk show politici. Quest’anno, in occasione della Amministrative, il capogruppo Pdl in Commissione Vigilanza, Alessio Butti, ha presentato un proprio emendamento con misure molto restrittive sui programmi di approfondimento – come Annozero – poi “bocciato” da Sergio Zavoli. E anche per i referendum le cose non sono andate meglio: i cittadini italiani, per diverse settimane, non sono stati informati a dovere, dal servizio pubblico, sui quattro quesiti sui quali si sarebbero dovuti pronunciare. Come si esce da questo ingorgo?

Nel nostro Paese il cambiamento può avvenire soltanto attraverso le regole, quindi bisogna sostituire la legge Gasparri con una legge che sia veramente pluralista, che permetta la nascita di reali terzi poli tv. Una legge che faccia uscire i partiti dalla RAI. Un tentativo, al riguardo, fu fatto con la proposta di legge Gentiloni, la quale avrebbe costituito una sorta di fondazione proprietaria del servizio pubblico, in risposta alle tre condanne dell’Unione Europea inflitte alla Gasparri. Ma il governo Prodi non portò mai avanti tale proposta.

Torniamo alla par condicio. Le multe commissionate dall’AGCOM appaiono poca cosa per risolvere le diverse violazioni. Un’ammenda di centomila euro, ad esempio, risulta risibile per certi colossi editoriali televisivi. Non sarebbe meglio adottare provvedimenti più duri? Lei quali proporrebbe?

Come prima cosa proporrei la riforma dell’Authority, i cui membri sono nominati dai partiti e che quindi non garantisce obiettività. Basta leggere le intercettazioni telefoniche tra Berlusconi, Masi e Innocenzi – ex membro della stessa Autorità Garante per le Comunicazioni – per averne la prova. Purtroppo le sanzioni sono puramente amministrative e vengono predisposte sempre in ritardo, non colpendo direttamente chi ha sbagliato ma l’editore. Quindi i provvedimenti appaiono inutili, specie quando chi sgarra lo fa in malafede.

C’è poi la questione dei tg, dove si registra, piuttosto frequentemente, una maggiore presenza degli esponenti di centrodestra rispetto a quelli dell’opposizione.

I problemi dei telegiornali si potrebbero facilmente risolvere: con la nomina di professionisti adeguati e non con i vari Minzolini. Non sempre un bravo giornalista è anche un bravo direttore di tg, e non sempre un bravo direttore di carta stampata è anche capace di fare un notiziario televisivo.

In conclusione: in termine di comunicazione politica, cosa dovrebbe fare la RAI per poter adempiere a pieno al suo ruolo di servizio pubblico, tenendo in considerazione l’art. 21 della nostra Costituzione?

La RAI non può fare nulla, perché i suoi vertici sono nominati dal governo Berlusconi. Chiediamoci cosa potrebbero fare i lavoratori della RAI, e soprattutto i cittadini che pagano il canone, i quali, come è previsto dalla nostra Carta Costituzionale, hanno il diritto di essere informati.

  L’intervista a Loris Mazzetti è stata gentilmente rilasciata, all’autore, il 26 agosto del 2011.

 

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