31 agosto 2012
PESARO – Che differenza passa tra chi parcheggia su una pista ciclabile e chi pedala contromano? Nessuna. Entrambi calpestano le regole.
Solo che se lo fa il proprietario di un suv è accusato pesantemente dagli ambientalisti a senso unico, pronti a difendere il ciclista a prescindere.
Abbiamo letto, stamattina, di un consigliere comunale dell’Italia dei Valori (quali? I propri?) che invita a imitare Fano, a concedere di andare contromano in bicicletta.
In queste settimane, abbiamo letto tutto e il contrario di tutto e onestamente le uniche parole convincenti, spese bene, ricche di buon senso, ci sono sembrate quelle di Marco Lanzi, segretario del Siulp, uno dei sindacati di polizia, che ha invitato alla cosa più semplice: rispettare le regole.
Sembra banale, sarebbe la cosa più facile, eppure molti ciclisti – e chi li sostiene – la trovano assurda, ridicola, demenziale.
Oggi, durante la consueta pedalata mattutina, abbiamo visto subito un ciclista andare contromano. Provenendo dal Miralfiore, ha attraversato il sottopassaggio ferroviario pedalando e non a piedi. Poi ha imboccato Via Montegrappa e giunto al bivio con Via Bramante, anziché proseguire a destra, è andato a sinistra, contromano; quindi si è immesso nella discesa del cavalcaferrovia e – dopo avere attraversato Via XI Febbraio – è entrato nel centro storico. Andava al lavoro, sicuramente, viste le borse. Cosa gli sarebbe costato in termini di tempo andare in Via Bramante e poi, a piedi, entrare in Via XI Febbraio? Dieci secondi, venti secondi? Andava a operare qualcuno, a salvare una vita o semplicemente a timbrare il cartellino?
E perché chi proviene dal centro ed è diretto verso il Miralfiore, anziché percorrere regolarmente Via Bixio e Viale XXIV Maggio, pedala contromano in Via Montegrappa? E qualcuno lo fa addirittura sul marciapiede?
Intanto, stamattina, qualche ciclista è incappato nei controlli della polizia allestiti appunto in Via Montegrappa. Evitata da molti ciclisti, consci di commettere un’irregolarità. Che viene addirittura sollecitata da consiglieri comunali in nome della tutela del diritto alla pedalata. Che è migliore e più sicura se tutti rispettiamo le regole.
Altrimenti i ciclisti non sono migliori di chi parcheggia sulle piste ciclabili o delle due signore che, cani al guinzaglio, camminavano occupando la pista ciclabile alla curva del camping Norina e alla proteste civili di un ciclista hanno risposto in malo modo: “Questa è una strada e noi ci camminiamo”.
Negli anni settanta andavano di moda gli scioperi bianchi che consistevano nella decisione dei lavoratori di applicare pedissequamente tutte le regole per un periodo di tempo. La produzione si bloccava o rallentava enormente. Le regole vanno applicate sulla base di validi principi e di buon senso, come sano benissimo i poliziotti onesti che applicano le regole con intelligenza e moderazione. Chi mette a repentaglio la sicurezza e la vita degli altri andrebbe sanzionato più gravemente di chi infrange una regola stando attento a non mettere in pericolo nessuno. Bere alcolici e mettersi alla guida (metà degli incidenti mortali sono dovuti a calo di attenzione di un guidatore) è enormemente più grave che percorre un breve tratto di strada laddove si è chiaramente visibili da chi sopraggiunge. Eppure per il secondo comportamento si raccolgono ingiurie e per il primo spesso complici strizzatine d’occhio. Meno di un auotmobilista e di un motociclista, ma anche un ciclista può mettere a rischio la sicurezza di altre persone. E quel comportamento deve essere sanzionato. La zona del sottopassto di cui parla Murgia è invece un esempio di difficoltà della circolazione ciclabile. Il ciclista che cerca di destreggiarsi con intelligenza e prudenza in una viabilità costruita e regolata a misura di automobilista non dovrebbe essere sanzionato. Il buon senso dovrebbe guidarci. Ad esempio: il ciclista che attaversa la strada sulle strisce pedonali senza scendere di bici è da condannare se lo fa in velocità mentre, secondo me, non è da condannare se lo fa con grande prudenza e attenzione. Il sig Murgia nel richiamare la necessità applicare sempre e comunque le regole, fa riferimento ad un legalismo formalista che in questo paese è stato di solito richiamato soprattutto da chi si appigliava a qualche cavillo di legge per non ottemperare a qualche sano principio di convivenza civile. Non a caso siamo il paese europeo con il più grande numero di avvocati (solo a Roma ce ne sono più che in tutta la Francia) ma non certo con il maggior rispetto delle vere regole della convivenza civile.