Pasqualon: stagione balnearia

di 

25 agosto 2012

 

di Stefano Giampaoli *

 

Per la stagione balneare di quel 1888 erano stati spesi tanti soldi pubblici e le aspettative economiche degli operatori turistici erano elevate. “Che fortuna ch’ sarà st’ ann! Sarà fnid tutt i malann” (Che fortuna ci sarà quest’anno! Saranno finiti tutti i malanni). Con l’apertura dei grandiosi stabilimenti balneari ci sarebbe stato divertimento per tutti i bagnanti. I ristoratori, per il grande afflusso di forestieri, avrebbero dovuto assumere tanti camerieri. Questi ultimi, “I ‘n savrà più do’ ch’ s vultè, Chiema d’ là chi chiema d’ qua Chi vo’ ‘l rhum chi vo’ ‘l mistrà Chi la birra o la gassosa” (Non sapranno più dove voltarsi, Chiamati di là chiamati di qua Chi vuole il rum chi il mistrà Chi la birra o la gazzosa). Sarebbe diventato ricco anche “Travajen”, gonfiando e vendendo tanti palloncini lungo il viale illuminato, prolungamento della Via Rossini. Del resto il 1888 era l’anno in cui tanti forestieri avevano saputo che la città di Rossini aveva aperto un liceo musicale. “I à mess fora tanti avis Dapartutt le cantuned” (Hanno esposto tante locandine In tutti gli angoli). Pasqualon, che aveva sentito tutta questa pubblicità, pensò bene di scendere al mare per cercare di vendere le sue poesie attraverso i “fogli volanti”. Lì trova una brutta sorpresa: c’è poca gente ed è anche avvilita. Silenzio ovunque; entra in un bar e vi trova solo un contadino con la moglie mentre il padrone sta dormendo sul bancone. Il contadino sta chiedendo alla sua sposa: “Vlet la sbirra o la graziosa?” (Volete la birra o la gazzosa?). Il nostro Edoardo, pensando al contrasto fra i grandi preparativi fatti per la buona riuscita della stagione balneare ed i risultati ottenuti, cita nel suo latino maccheronico: “ Parturiet mons Nascitur ridiculus mus”(Il monte avrà le doglie del parto, nascerà un ridicolo topo). In italiano, in tono sarcastico, “La montagna ha partorito un topolino”. Le promesse reboanti degli amministratori non sono state mantenute. Allora la morale del poeta è la seguente. Fino a quando amministreranno i “ruspatera” (i contadini?) la città declinerà e i poveri soffriranno. Bisognerebbe farla finita di far venire musicisti da fuori per suonare agli stabilimenti. Si spendono inutilmente troppi soldi “Par mantena tanti ozios” (Per mantenere tanti oziosi). Si potrebbero istruire i giovani della nostra città ma nessuno se ne cura. Conclude: “Basta, a vdrem po’ par l’ avnì; Cum girà val a capì!” (Basta, vedremo in futuro; Come andrà vallo a capire!).

*Con il titolo “Pesaro, la nostra storia attraverso Pasqualon” verrà pubblicato un libro che sarà un compendio narrativo delle opere di Odoardo Giansanti. Le radici della Pesaro moderna che conosciamo affondano negli anni che stanno tra la fine dell’Ottocento e gli inizi del Novecento. Il poeta dialettale Odoardo Giansanti (Pesaro 1852 – 1932) ne è stato ironico cantore ma anche fedele cronista.

 

 

 

 

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