di Redazione
27 luglio 2012
di Stefano Giampaoli*
La stagione estiva del 1912 era all’apice quando il nostro Pasqualon si recò al mare, “Giò in tel centre dla signoria” (Giù al centro frequentato dai signori), appositamente per curiosare. A quel tempo era la spiaggia di levante quella frequentata dalla “crema”, ovvero dalle famiglie benestanti. Il Poeta si sedette in disparte per ascoltare le chiacchierare delle “civette” (ciuett) Una diceva così: “Veda là quella signora L’anno scorso era una mora Bella grassa colorita Ma in quest’anno si è sbiadita”. Le rispose la signora Bruschetti: “Ma che vuole? Con due etti Di castrato in tre persone Non si fa l’indigestione; Preferiscono patire Ma si vogliono divertire”. Pasqualon ritiene che, per ambizione, pur di apparire e frequentare l’alta società, tante signore rinuncino a mangiare.
Infatti nelle loro case “Dorme el gatt in sel fornell (dorme il gatto sul fornello). Sta certamente meglio lui insieme alla sua donna: “Mè enn i fagh portè ma lia Né borscetta e né capell Mo a cerchem d’ rempì el budell” (Io non le faccio portare Ne borsetta ne cappello Ma cerchiamo di riempire il budello). D’altra parte l’estate è la stagione più ridente e, come da qualche anno avviene, “ A’ archiaped el moviment Tutta quanta la cità Tram, carozz dinlà, dinquà … Mo in sti giorne cert che arnasc Pel bel mes dla bagnatura Tutta quanta la natura” (Ha ripreso il movimento Tutta quanta la città Tram, carrozze li là di qua … Ma in questi giorni certo che rinasce Per il bel mese dei bagni Tutta quanta la natura). In quegli anni, è bene ricordare, sono in pieno svolgimento i lavori per l’abbattimento di gran parte delle mura roveresche da Porta Roma a Porta Sale. Il sindaco Tombesi e la sua Giunta stanno costruendo nuove strade, nuovi giardini e nuove passeggiate. Lo stradone centrale, dalla Barriera Rossini allo Stabilimento balneario (attuale Viale della Repubblica) permette ai vetturini di trasportare i bagnanti “… sò e giò, andè e vnì Da la piaza a la marena” ( … su e giù, andare e venire Dalla piazza al mare). Pasqualon, “Vedend Pesre armoderned” (Vedendo Pesaro ammodernata) come richiede ormai l’urbanistica di quel tempo, è dispiaciuto che i costumi delle donne rimangano quelli del passato. E’ critico nei confronti di quelle signore altezzose “… sa chi caplon Sal color del furmenton” che vanno a spasso con la borsetta ma che, non avendo denaro, bevono l’acqua delle fontanelle. Le invita a non sprecare più i soldi comprando abiti ma di bere e mangiare bene, “Ch’ s’ stà méi a panza pena” (Che si sta meglio a pancia piena).
* Con il titolo “Pesaro, la nostra storia attraverso Pasqualon” verrà pubblicato un libro che sarà un compendio narrativo delle opere di Odoardo Giansanti. Le radici della Pesaro moderna che conosciamo affondano negli anni che stanno tra la fine dell’Ottocento e gli inizi del Novecento. Il poeta dialettale Odoardo Giansanti (Pesaro 1852 – 1932) ne è stato ironico cantore ma anche fedele cronista.
La crisi attanaglia il Paese come nel 1912. Pasqualon alla propria moglie non faceva indossare ne borsetta ne cappello “Ma a cerchem d’rempì el budell /Tutti i giorne, è garantid!” (Ma cerchiamo di riempire il budello/ Tutti i giorni, è garantito!). Tratto da Pasqualon “Navigatore di sogni” Pesaro, storia in poesia – Metauro Edizioni.