PESARO – Il grande autore marchigiano di cinema d’animazione Simone Massi è stato protagonista, tra ieri e oggi, di due eventi che lo hanno visto grande protagonista a Pesaro: occasioni preziose per poter conoscere meglio un Autore che solo nell’ultimo anno ha trovato il giusto riconoscimento in Italia, vincendo il David di Donatello per il miglior cortometraggio nel 2012 per Dell’ammazzare il maiale, raro caso in cui il premio viene dato a un lavoro d’animazione. Massi ha inoltre vinto più di 200 premi nei festival di tutto il mondo permettendo all’autore di Pergola (PU) di venire riconosciuto come uno dei maestri dell’animazione italiana (e internazionale).
AD OCCHI CHIUSI MA CON LA LUCE ACCESA!
Il primo incontro, svoltosi mercoledì 27 al Teatro Sperimentale, ha permesso al pubblico di apprezzare la staordinaria opera di questo autore, del quale sono stati proiettati tutti i lavori in un programma speciale: 14 cortometraggi realizzati nell’arco di quasi due decenni, dall’esordio Immemoria (1995), all’ultimo, Dell’ammazzare il maiale (2011), al quale si è aggiunto un Making of di Nuvole, mani (2009) realizzato dal francese Dominique Bastien. In questa circostanza Massi, accompagnato dal critico Fabrizio Tassi, ha avuto modo di parlare del suo lavoro e del suo metodo unico e fuori dal tempo. All’inizio Massi ha spiegato le difficoltà di fare animazione in Italia e di come altri paesi, soprattutto la Francia, valorizzino molto di più questo lavoro.
In Italia infatti non ci sono molti festival dedicati all’animazione e non sono molti i luoghi che si occupano di quest’arte, con alcune felici eccezioni, come quella della Scuola del Libro di Urbino, fucina di talenti, laboratorio di idee, che ha senz’altro contribuito all’affermazione di una nuova sensibilità rispetto al mondo dell’illustrazione e dell’animazione. Ora gli autori di animazione fanno animazione “d’autore” e non più cartoni animati come succedeva una volta. All’estero la situazione è molto diversa: ci sono appuntamenti, festival, rassegne molto importanti. E’ da questi luoghi che sono arrivate le prime attestazioni di stima e apprezzamento, i primi premi e quello che lui ha sentito come il primo “sostegno” al proprio lavoro, quando in Italia ancora nessuno si era accorto di lui. Per questa fatica Massi si dice ancora più contento e onorato di essere qui al Festival, un Festival che lui stesso considera fra i più importanti d’Europa. L’autore ha sottolineato l’importanza di queste iniziative “per sviluppare nello spettatore una nuova attenzione verso il cinema d’animazione, per educare gli occhi a un tipo di visione diversa dal cinema tradizionale”.
La fatica del lavoro in Massi è anche legata alla difficoltà di rapportarsi con le persone e col mondo di oggi. “Le persone di oggi sono diverse – dice l’autore – io cerco le storie tra le persone che ho conosciuto in un mondo che non esiste più, un mondo antico e contadino. Quelle che racconto sono storie che vengono dal passato, con figure contadine immobili, dure e con sguardo severo”. Anche il percorso di Massi è particolare e inusuale: ha lasciato presto la scuola per andare a lavorare in fabbrica come operaio, ma non ha mai abbandonato la passione per il disegno fino a iscriversi all’Istituto d’Arte di Urbino, nel quale ha prodotto il suo primo lavoro, Immemoria (1995), per poi non fermarsi più.
Parlando del proprio metodo, di come nascono le sue animazioni, Massi ha sottolineato soprattutto la lentezza del processo produttivo. “All’inizio, di una storia so più o meno se durerà 4 o 8 minuti, so quali saranno i personaggi e la loro storia, ma essendo così lungo il tempo della creazione, mesi, anche anni, le cose poi cambiano in corso d’opera.” L’autore marchigiano ha infatti raccontato che per un realizzare un corto di sei minuti ci vogliono circa duemilacinquecento tavole, per ogni tavolta impiega circa un’ora e ogni giorno arrivare a produrre sette-otto tavole: così si spiega il ritmo inconsueto con il quale produce i suoi lavori, lontano da tutte le logiche di mercato e commercializzazione. Questo metodo, ha raccontato, presuppone anche uno svantaggio: non è “reversibile”. Essendo un lavoro completamente manuale, non c’è nessun computer (provato una volta e subito abbandonato) che gli permetta di apportare dei cambiamenti alla sequenza delle tavole o alla storia e il “ripensamento” è contemplabile solo a discapito di un lavoro ancora più faticoso e prolungato. La fatica e il sudore sono uno dei grandi temi che accompagnano la filosofia di vita e la poetica dell’autore di Pergola e questo emerge chiaramente sia dai suoi lavori che dal suo metodo di produzione.
A chi gli fa notare che le sue opere sono una esperienza che si avvicina incredibilmente ad un sogno ad occhi aperti, l’autore replica: “A volte chiudo gli occhi e immagino, in altri casi sono i disegni stessi a suggerirmi nuove immagini. Lavoro su un tavolo luminoso, a volte appoggio lì il primo disegno di una sequenza e poi l’ultimo, in mezzo tra questi due punti c’è solo la luce e io cerco di “vedere” le immagini che saranno tra questi due punti, tra questi due momenti. Direi che immagino ad occhi chiusi ma con la luce accesa!” E ancora, sul senso di spaesamento che provocano i suoi lavori: “È vero, io cerco di depistare lo spettatore, vorrei fargli vivere quello che a me piace vivere e vedere. Per esempio in una città come Venezia io mi sono perso, e ho trovato che questo smarrimento fosse un’esperienza più bella che essere in Piazza San Marco. Allo stesso modo voglio portare lo spettatore a perdersi, voglio che si smarrisca, ma sono molto attento alla narrazione, per me il racconto è estremamente importante. Potrei anche fare disegnare ad altri, ma non rinuncerei a raccontare certe storie”.
IL TORMENTO DELL’ANIMAZIONE
Nella giornata di giovedì 28, Massi è stato protagonista di un workshop presso Palazzo Gradari coordinato da Fabrizio Tassi che ne ha spiegato la poetica e illustrato le tematiche fondamentali. Massi ha poi pazientemente risposto alle domande del pubblico ed esposto il suo metodo di lavoro. La parte più interessante è stata però quella in cui il pubblico ha potuto assistere al processo creativo dell’artista, il quale ha realizzato davanti agli occhi del pubblico una tavola intera, lavorata completamente in maniera artigianale, dallo schizzo a matita, alla stesura dei pastelli ad olio, fino al raschiamento. Durante questa operazione, nel quale il disegno emergeva letteralmente dal foglio come per magia, Massi, pur ammettendo di non amare parlare mentre lavora, si è dimostrato disponibilissimo a rispondere alle domande.
Il Massi-autore è sembrato aderire perfettamente al Massi-uomo nella spiegazione del suo concetto della fatica, dell’onestà verso lo spettatore, del disinteresse verso i grandi eventi commerciali, della sua visione del cinema: “Il cinema è illusione della realtà, quindi l’animazione è l’illusione di un’illusione”. Le immagini di Massi non nascono da una sceneggiatura, ma nascono da spunti presi da frasi o immagini che lo colpiscono e che poi trasforma nella sua tecnica narrativa d’elezione: il piano-sequenza. Una grande caratteristica del suo cinema è infatti quello di fare in modo che ogni sequenza confluisca in quella successiva, in un lavoro che è metamorfosi continua; è proprio in questi intermezzi, nel momento di fusione nel quale una scena diventa altro che Massi esprime tutta la sua fantasia; sono questi quelli che ritiene i momenti più importanti delle sue opere: questi punti di raccordo infatti devono essere costituiti da elementi che siano onesti nei confronti dello spettatore e, soprattutto, non gratuiti.
Massi, nella sua logica della fatica, dell’onestà spirituale e dello sporcarsi le mani è comunque soddisfatto del suo lavoro, a tal proposito dice: “quando la sera mi lavo le mani, so che sotto il nero sono pulito.” mentre critica gli scarsi contributi alla cultura in Italia: “nel nostro Paese, un Paese corrotto, come è noto si fa molto fatica ad avere soldi se non si punta alle cose facili, agli eventi.”
Massi parla di “tormento dell’animazione”, ma le sue opere fatte di fatica e sudore sullo schermo si trasformano magicamente in qualcosa di sublime, fino a toccare atmosfere oniriche. Il suo lavoro è un elogio della semplicità e dell’essenzialità nel quale l’artigianato si lega indissolubilmente all’arte.
l “Cinema in Piazza” ieri sera il direttore artistico Giovanni Spagnoletti ha avuto modo di presentare il quarto film in Concorso, La Jubilada (The Retired) del cileno Jairo Boisier Olave, un’opera che si confronta con una storia di discriminazione al femminile nella provincia cilena.
Fabiola torna nel suo paesino di origine dopo aver passato alcuni anni a Santiago lavorando come attrice pornografica. Il suo ritorno mobilita ovviamente la piccola comunità che la guarda con circospezione non permettendole di trovare lavoro e anche i rapporti con la famiglia sembrano irrecuperabili. Finalmente un vecchio amico del padre le propone un lavoro in una discarica dove fa conoscenza con il figlio di questi che sembra attratto dalla donna. Complicazioni e fraintendimenti la porteranno a riconsiderare le proprie scelte.
L’opera prima di Boisier si contraddistingue per il forte ritratto femminile che riesce a descrivere, senza primi piani, ma anzi dimostrando grande pudore e rispetto verso il dramma della protagonista, rifiutando il mero ritratto piscologico, ma riprendendola all’interno di un contesto: una scelta che ne fa un punto di vista etico ed estetico.
Nella conferenza stampa che ha seguito la proiezione del film, Boisier, laureato in sociologia poi innamoratosi del cinema, racconta di aver voluto descrivere la situazione di una ragazza comunque diversa, sia per chi la ammira che per chi la disprezza. La piccola cittadina bigotta nella quale è ambientato il film diventa metafora di un Cile ancora arretrato e periferico. Per il regista, nonostante l’uso limitato di location, l’ambiente è comunque un personaggio importante, simbolo della tragica storia della protagonista che cerca di trovare la Bellezza anche negli aspetti tristi della vita.
RICORDIAMO GLI APPUNTAMENTI DI NANNI MORETTI A PESARO
Venerdì 29 ore 19 circa: Inaugurazione mostra fotografica presso la Galleria Franca Mancini (il lavoro del set da Aprile ad Habemus papam), ingresso solo con invito.
Venerdì 29 ore 21: Presentazione prima della proiezione di LA STANZA DEL FIGLIO presso il Teatro Sperimentale. Ingresso fino ad esaurimento posti.
Venerdì 29 ore 23: Presentazione prima della proiezione di LA COSA e IL DIARIO DEL CAIMANO presso il Teatro Sperimentale. Ingresso fino ad esaurimento posti.
Sabato 30 ore 16,15: Incontro con il pubblico e la stampa moderato da Bruno Torri e Vito Zagarrio presso il Teatro Sperimentale. Ingresso in sala con biglietto, sarà comunque consentito solo fino ad esaurimento posti.
Sabato 30 ore 21,45: Serata dell’evento speciale con presentazione di IL CAIMANO in Piazza del Popolo. Il film sarà preceduto dalla proiezione di L’UNICO PAESE AL MONDO.
Domenica 1 ore 16,30: Presentazione prima della proiezione di LA SCONFITTA, PATÉ DE BOURGEOIS e COME PARLI FRATE? presso il Teatro Sperimentale. Ingresso fino ad esaurimento posti).
Sarà lo stesso Moretti ad accompagnare la retrospettiva incontrando il pubblico e la stampa , il pomeriggio di sabato 25 giugno alle 16.15. L’incontro sarà condotto da Bruno Torri e Vito Zagarrio.
Eccezionalmente, per accedere a questo incontro, gli spettatori e gli appassionati che lo desiderano dovranno ritirare un biglietto (gratuito) presso la cassa del Cinema Teatro Sperimentale nella mattinata di sabato 25, dalle ore 9.45 alle ore 13.
Si potranno ritirare fino ad un massimo di 2 (due) BIGLIETTI PER PERSONA.
L’ingresso in sala, sarà comunque consentito solo fino ad esaurimento posti.
La sera alle 21.45 in Piazza del Popolo Moretti presenterà il suo film Il Caimano in Piazza del Popolo e sarà omaggiato dalla città di Pesaro.