di Redazione
13 giugno 2012
a cura di Stefano Giampaoli
Anche Pasqualon fu oggetto di critica, qualche volta pungente ed altre feroce. Così gli disse un critico: “Mo scriv in italien (Ma scrivi in italiano) Che tutti lo comprendono …” mentre un altro gli sussurrava “T’ sariss un papaloch” (saresti uno scimunito). Trovandosi fra due martelli e volendo accontentare tutti, Odoardo Giansanti escogita una formula nuova: “Facendo un verso italico Misted sa chel bsares (Mischiato con il pesarese)”.
La moderna logica gli suggerisce che “Servir convien due popoli Magnè la papa e zitt (Mangiare il pane cotto in acqua e stare zitti)”. Poiché però ci sarà sempre qualcuno che farà una nuova critica e considerato che nessuno può fare a modo suo, il Poeta rammenta la nota favola di Esopo “Il contadino, il figlio e l’Asino”. Riscrive questa favola, la cui morale è analoga a quello che vuol dire, “Facendo un verso italico Misted sa chel bsares”. Ed inizia “C’era una volta un villico Sal fiol mezz incanted (Con il figlio mezzo incantato)” che andavano al mercato accompagnati da un asino. I due camminavano a fianco dell’animale e qualcuno volle apostrofarli: “Aver la bestia, o stupidi E d’en muntè a cavall (E non salite a cavallo)!” Per farli contenti il vecchio contadino “Inforca il suo quadrupede” mentre il figlio si diverte a tirare i sassi ai cani. Percorso solo un chilometro, però, altri lo rimproverano perché il suo “unigenito” da segni di fatica. “E il vecchio giù in un attimo Mal fiol fa montè so (Fa salire il figlio). Ma anche così non va bene: “Mo en t’ ne vargogn pargnent A un vecchio così debole Fel vnì diditra a pid?” Il vecchio allora intima al figlio di non scendere e sale anche a lui a dorso dell’asino. Ora è l’animale a dar segni di sofferenza e, molti “critici” giungono persino a minacciare l’incolumità dei due padroni. Quando tutti i “critici” scomparvero “E il padre e il figlio e l’asino I è armast tutti tre a pid”, questi si guardarono l’un l’altro e nessuno sapeva come fare. Per non trovare più noie, il vecchio decide di legare le zampe dell’asino e, attraverso una pertica, lo carica sulle sue spalle e su quelle del figlio. Arrivati al mercato, potete immaginare le grandi risate con cui vennero accolti e furono “Bersaglio di quei critici “Ch’i s ‘ cred d’essa più dott”. Il Poeta conclude che “Il caso mio è identico” ma che lui ha la fortuna di essere sorretto dalla “logica” che è come un gran bastone. Grazie a questa non ha paura di niente e quindi conclude: “Abbasso dunque i critici Abbass le su lezion Abbasso le pettegole Evviva Pasqualon!
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