Chi ‘nn è mort s’arved

di 

8 giugno 2012

di Stefano Giampaoli

I ricorrenti squilibri psichici di Odoardo Giansanti lo portano a dover spesso entrare ed uscire dal manicomio, quello che lui stesso chiama “el palazz d’inverne”. Il 5 gennaio 1905 esce dal San Benedetto dopo un lungo periodo, 6 anni. La gente, incontrandolo di nuovo per le vie e le piazze, si domanda dove sia stato tutto quel tempo. Per questo scrive la poesia: Chi ‘nn è mort s’arved (Chi non è morto si rivede). Trova una Pesaro cambiata dove i contadini usano nuovi stratagemmi per ingannare i loro padroni. Per le strade della nostra città in tanti non lo riconoscono, specialmente i giovani contadini che, nel periodo del suo ricovero, sono divenuti adulti facendo anche il militare. “Dop ch’i è gid a fè el solded … I è casched cla pell cativa I à impared a legg’e scriva” (Dopo che sono andati a fare i soldati A loro è caduta quella pelle cattiva Hanno imparato a leggere e a scrivere). Questi giovanotti, che non hanno esperienza, scendono di notte dalle loro case di campagna verso la città. Lo fanno per raggranellare qualche soldo. “Qualch baiocch par figurè A la festa un po’ armulit Quant i va da stle favrit” (Qualche baiocco per apparire Alla festa un po’ ripuliti Quando vanno da queste favorite). Sono ben vestiti, con il cappello nuovo, gli stivali lucidi, il colletto inamidato ed un gran fiocco ben annodato. Pasqualon non li ha visti direttamente ma c’è chi glielo ha raccontato (Mè en i ò vist, mo c’è chi ‘l sa). I loro padroni, che hanno occhi talmente gradi che non si coprono nemmeno con le bucce dei meloni, non sono affatto contenti. Le ragazze fanno la stessa cosa; si vestono con grandi gonne dai colori sgargianti, corpetti, scialle nero, boccole, stivaletti a punta e sottanine inamidate. “Le sarà poch incanted”, per l’ambizione sono poi costrette a chiedere ai loro signori qualcosa da mangiare. Pasqualon vuol dare un consiglio a questi giovani perché, se lui fosse un contadino, non sarebbe di cervello così piccino. Vestirebbe in modo sobrio, con indumenti che non offendono la vista dei padroni. Poi, sempre per cercare “D’en fè tort ma la ganascia”, ogni volta che si presenta il fattore, ungerebbe i baffi anche a lui (Vogna i bafi anca ma lò).

Lascia una risposta

L'indirizzo email non verrà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

È possibile utilizzare questi tag ed attributi XHTML: <a href="" title=""> <abbr title=""> <acronym title=""> <b> <blockquote cite=""> <cite> <code> <del datetime=""> <em> <i> <q cite=""> <s> <strike> <strong>