di Redazione
18 aprile 2012
a cura di Stefano Giampaoli
La poesia di Pasqualon che viene proposta oggi è intitolata “Fra un galluz e un avuched”. Odoardo Giansanti ha un’idea brillante, immagina di far litigare (parlare) un galletto da cortile con un avvocato. Il gallo in questione, di proprietà di un contadino, entra in scena solo in un secondo momento ma diventa l’attore principale. Era sorta una controversia fra un villano (contadino) e il suo padrone per questioni d’interesse. Il torto era del padrone ma, poiché era più sottile (“fen”), prevaricava il suo dipendente. Il contadino, allora, pensa di rivolgersi ad un avvocato presentandosi alla sua porta con in mano il prezioso animale da cortile. Gli viene ad aprire una donna di servizio che, facendolo attendere sull’uscio, va a chiedere all’avvocato se può fare entrare quel povero disgraziato che reca in mano “un galuzzen”. L’avvocato comincia ad urlare: “Cosa vieni a domandare Tu non vuoi mai imparare Te l’ò detto tanto bene Se qualcuno a casa viene Quando à qualche cosa in mano O cittadino o villano Basta sia cosa di buono Digli pur che io ci sono. Quante volte l’ò da dire? Presto va, fallo venire”. Quindi il contadino, dopo aver depositato sulla scrivania 10 napoleoni, racconta all’uomo di legge tutte le angherie che ha subito. L’avvocato, rassicurante: “Non pensare amico mio Questo tutto penso io, Vivi pur tranquillamente Va e non temer di niente”. Mentre il villano lascia la casa tutto allegro, il galletto che era rimasto andava ripetendo: “Povre el mi col”, consapevole che la sua fine sarebbe stata o nella pignatta o nel tegame. Nel frattempo, il padrone si era rivolto ad un proprio avvocato promettendogli almeno 450 franchi (cifra notevolmente superiore ai 10 napoleoni) se gli avesse fatto vincere la causa. Come possono immaginare gli “uomini di mondo”, il difensore del padrone si reca dal legale del contadino per “spartì tut i quadren” dando torto a quest’ultimo. L’imbiancatura della costruzione giuridica (Un palaz tut pén de pàpul) avviene in tribunale. Da questo palazzo torna a casa, tutto affannato, l’avvocato del contadino ed il galletto gli chiede: “Cum è gida mal padron?” L’azzeccagarbugli, con aria supponente e facendogli la morale: “Caro galletto Perde sempre il poveretto”. L’animale, tutto infuriato, gli da dell’imbroglione con un’arringa degna del miglior legale e comincia a beccarlo su una mano. Purtroppo l’avvocato gli tira dei sassi che lo colpiscono mortalmente alla testa. La morale di Pasqualon: “Sa la forza e sa i quadren El pesc gros magna chel pcen”.
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