di Redazione
21 gennaio 2012
PESARO – Lo dicono a Rimini, figuriamoci da noi. La liberalizzazione in spiaggia, dove da mattina a notte fonda si potrebbe mangiare, ballare, bere e divertirsi, in Romagna è stata presa con le presine antiscottatura. «Non c’è spazio per altri 100 operatori dell’intrattenimento – ha spiegato Giuliano Lanzetti, segretario di Fipe Confcommercio -. Gli stabilimenti dovranno rispettare le regole: se vogliono aprire discoteche e locali dico che non c’è spazio per tutti. Il mercato è saturo. Se qualcuno pensa di trasformare gli stabilimenti balneari in locali sulla spiaggia da equiparare a quelli “normali”, allora non ha capito bene: non ce lo possiamo permettere, arriveremo al collasso. Il decreto Monti parla di una liberalizzazione degli orari, ma per il resto gli stabilimenti dovranno adeguarsi al resto della città e a quanto rispettano il resto dei locali». A Pesaro, l’avvertimento, è arrivato dal sindaco Ceriscioli: “Liberalizzazione non significa anarchia. Le altre regole restano tutte valide”. Perché da noi lo spazio c’è, qualche locale in più non guasterebbe ma l’importante è che nasca ricercando la qualità, restando in linea con le regole esistenti, perseguendo un’idea, creando posti di lavoro (magari non in nero) e cercando di portare un po’ di movida a Pesaro.
Liberalizzazione, aggiungiamo, non dovrà far rima con abbassamento della qualità sotto la lunga ombra del “tutti possono fare tutto”. Non dovrà essere una “tana libera tutti” per i soliti furbetti. Nel turismo, specialmente con l’aria che tira, un errore fatto oggi si pagherebbe poi per i prossimi dieci anni. Rimini e la Romagna si stanno già attrezzando. E noi?
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