20 dicembre 2011
PESARO – Il playmaker imposta l’azione, la difesa stringe le maglie sotto canestro, il pallone arriva nelle mani di Peter che, dall’arco dei tre punti, si alza in sospensione e infila dolcemente la retina. Il rumore della sfera che rimbalza, delle scarpe che si inseguono sul parquet; le urla di chi vuole la palla, di chi chiama lo schema, dell’allenatore che riprende un giocatore. Il fischio dell’arbitro, l’applauso del pubblico. Il tipico contorno sonoro di una partita di basket.
Peter non può sentire nulla di tutto questo perché è sordo; eppure comunica con facilità con compagni, avversari e arbitri. E, particolare non trascurabile, fa spesso canestro!
Ora sembra tutto facile. Ovviamente non è sempre stato così. Facciamo un passo indietro per raccontare questa storia dall’inizio.
Peter Pozzoli, pesarese di 31 anni, è nato con una disabilità invisibile. Racconta la sua infanzia senza enfatizzarne le difficoltà; eppure lascia intuire che il percorso scolastico ed il confronto con i coetanei non devono essere stati facili.
“Però il pomeriggio c’era la pallacanestro! Cominciai a sette anni, sotto la guida di Giulio Gigliotti, prima a scuola, nella palestra di Via Agostini, poi nel Basket Giovane, dove feci tutta la trafila nelle varie categorie. All’interno del rettangolo di gioco era tutta un’altra cosa: ero allo stesso livello degli altri bambini, che, di conseguenza, mi trattavano come uno di loro. Ricordo che quando l’insegnante spiegava gli esercizi, mi mettevo in fondo alla fila, così se non capivo potevo imitare i miei compagni”.
Peter cita spesso la sua famiglia, semplice e sana, come fattore basilare per la crescita; il padre, sordomuto, lo ha sorretto anche nei pochi ma inevitabili momenti critici con la pallacanestro.
“Mi ha esortato a non mollare; era ed è orgoglioso di vedermi parte di un qualcosa, di una squadra. Lui è sempre stato una presenza fissa in tribuna e ancora adesso si informa su dove sia la mia prossima partita”
Pozzoli ha percorso due strade cestistiche parallele. Con i normodotati ha disputato diversi campionati, fino alla C2; ora è impegnato con le Teste Matte, squadra pesarese che al momento occupa le prime piazze del girone marchigiano di serie D.
“Oramai ho esperienza e comunicare, soprattutto in campo, è relativamente semplice. Certo ancora mi capita di non accorgermi del fischio dell’arbitro, allora ci pensano i miei compagni: Peter…fermati, vai come un treno!”
L’altra vita sportiva di Peter è quella vissuta con i non udenti; già nel ’96, giovanissimo, fu convocato nella relativa nazionale italiana, della quale spesso ha indossato la fascia di capitano.
Con questi ragazzi si è tolto grandi soddisfazioni: fra le manifestazioni di livello europeo citiamo l’argento del 2000 in Grecia e l’ottimo quinto posto dello scorso settembre a Palermo, dove gli azzurri hanno inaspettatamente sconfitto i russi: “Erano veramente grossi!”.
“Fra di noi non ci sono professionisti, né abbiamo motivazioni economiche che ci tengono insieme, giochiamo solo per passione. Ci si incontra solo pochi giorni prima della competizione ed è difficile fare gruppo; eppure, dopo le prime partite, nasce sempre qualcosa di speciale e diventiamo una squadra. Ricordo la vigilia di una semifinale europea contro la favorita Lituania: complice la tensione del prepartita, ebbi un acceso diverbio col mio compagno di squadra Nicola Alberani. Partimmo da divergenze di natura cestistica e arrivammo a contrasti su argomenti più consistenti, fra i quali la disabilità. Scoppiò un pandemonio che coinvolse diversi componenti della squadra ed in partita sembrammo risentirne: all’intervallo eravamo già sotto di venti punti. A quel punto ci guardammo in faccia e qualcosa cambiò; cominciammo a recuperare punti su punti e quando Nicola segnò l’ennesimo canestro, dimenticando i nostri screzi, gli corsi incontro stringendolo in un abbraccio. Fu una scossa per tutto il gruppo, tant’è che riuscimmo a completare la rimonta: fu proprio Nicola, sul filo della sirena, a recuperare la palla ed a servirmi l’assist per il canestro decisivo!”
Fuori dal campo… Peter ha frequentato la scuola fino a conseguire il diploma di ragioniere; oggi ha un lavoro stabile, come magazziniere, e una nuova famiglia con Valentina, la sua compagna, e William, il loro bambino di appena un anno.
Insomma non c’è solo la pallacanestro. Ma come sarebbe stata la vita di Peter senza lo sport?
Certo questo ragazzo ha carattere, certo ha avuto una famiglia forte alle spalle. Eppure…
Lasciamo perdere la teoria, tutto quello che dicono le grandi tavole dei manuali dello sport applicate alla sociologia. Non ce n’è bisogno. Ho qui davanti un uomo, oggi realizzato, che ha fatto dello sport il ponte necessario per raggiungere l’altro, e poi finalmente se stesso, fino a mettere a tacere il silenzio che gli urlava dentro.
Peter Pozzoli e basket
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