Nautica massacrata dall’assenza di infrastrutture

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30 novembre 2011

Riunione del settore a Fano organizzata dalla Cna. Problemi e promesse non mantenute per i due maggiori scali provinciali

 

Moreno Bordoni

Moreno Bordoni, responsabile dell'Unione Produzione della Cna

FANO – “Dove non arriva la crisi, ci pensa la cronica mancanza di infrastrutture e la totale assenza di interventi”. Il momento negativo che attraversa la produzione ed in particolare la nautica nel pesarese è aggravato oltre che da una sostanziale paralisi del mercato anche dalla ormai annosa ed insostenibile carenza di dotazioni infrastrutturali e opere di manutenzione che finiscono con il penalizzare pesantemente un settore che fino a tre anni fa era indicato come uno dei fiori all’occhiello dell’economia provinciale, potendo contare su 320 cantieri con un indotto attorno al quale ruotavano almeno un migliaio di imprese che davano lavoro ad oltre 3.000 addetti. E’ quanto è emerso con forza nel corso di una riunione degli imprenditori del settore della produzione organizzato a Fano dalla Cna di Pesaro e Urbino.

E’ stata in particolare la nautica ad essere al centro del dibattito tra i rappresentanti dell’associazione e i titolari di cantieri e aziende del terziario nel corso dell’iniziativa dal titolo “Sos Crisi, Salvare le imprese per Salvare l’Italia”, che rientra in una serie di riunioni (una cinquantina), organizzate dalla Cna in tutta la provincia per fare il punto sulla grave situazione economica.

A riassumere quanto emerso nel corso del dibattito, Moreno Bordoni, responsabile dell’Unione produzione della Cna: “La mancata realizzazione della strada delle barche, l’assenza di pescaggio e l’inadeguatezza del porto per lavori di grande manutenzione, sono i problemi che più assillano gli imprenditori del settore a Fano. L’assenza di un “travel lift”, la mancanza di un piano regolatore, la fatiscenza delle banchine e l’assenza di pescaggio, oltre che i disagi per i lavori di ampliamento in corso, sono invece i problemi che riguardano gli operatori del porto di Pesaro. Sono questioni che andiamo denunciando da anni e sulle quali le imprese stanno pagando un prezzo altissimo”.

Secondo la Cna, infatti, la mancata realizzazione dell’annunciata Strada delle barche, che dovrebbe collegare i cantieri navali dalla zona industriale di Bellocchi al porto di Fano, sta facendo perdere competitività a un settore già in difficoltà. I cantieri più importanti hanno già lasciato il territorio fanese per approdare in altre località delle Marche e italiane che invece offrono adeguate dotazioni infrastrutturali. A questo si aggiunga la cronica mancanza di pescaggio che impedisce il varo ed il rimessaggio di yacht di grandi dimensioni, e l’inadeguatezza delle banchine del porto fanese per lavori di manutenzione e di refitting delle imbarcazioni.

Per Moreno Bordoni quelli legati al territorio sono un fardello di problemi in più per aziende che già devono fare i conti con una recessione del mercato: “In un momento di quasi totale assenza di commesse per le piccole e medie imbarcazioni da diporto, l’assenza di infrastrutture mortifica le poche possibilità che hanno i cantieri del fanese di competere nella fetta di mercato che attualmente mostra segni di vitalità: quella dei grandi yacht. La mancanza di una strada di comunicazione tra i cantieri e lo scalo fanese affossa ogni possibilità di competere. Ma non è tutto. Le trasformazioni in atto del mercato in questi anni hanno permesso a cantieri come quelli di Viareggio, dove non mancano le dotazioni infrastrutturali, di gettarsi a copofitto nel settore delle manutenzioni dei grandi yacht che si stima possano da soli fruttare il 4% all’anno del valore complessivo dell’imbarcazione”.

E’ chiaro che di fronte a questi problemi – conclude il responsabile dell’Unione produzione della Cna – occorre che ognuno faccia la sua parte. In primis lo Stato, ma anche le amministrazioni locali, soprattutto quelle che in questi anni hanno promesso interventi che non sono mai stati realizzati. E qui non c’entra la mancanza di risorse e nemmeno il patto di stabilità. Occorre individuare priorità di intervento se non si vuole smantellare definitivamente un settore che fino ad ora ha garantito ricchezza, benessere, sviluppo ed occupazione”.

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