Salvagni, compleanno ducale: “Vi racconto i miei primi 40 anni”

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13 novembre 2011

URBINO – Venerdì pomeriggio, in programma oltre all’allenamento, c’era da festeggiare il compleanno di François Salvagni. Dario Greco, addetto stampa della Robur Tiboni e nostra preziosa penna per Pu24, ha intervistato l’allenatore della squadra ducale.

Chateau d'Ax Urbino-Villa Cortese, Francois Salvagni

Francois Salvagni (foto Giardini)

di Dario Greco

Mister, 40 anni e sembra ancora un ragazzino; sempre col sorriso e con la voglia di scherzare (o di non prendersi troppo sul serio). Qual è il suo segreto?
“Non so se il modo giusto di fare il mio lavoro. E’ il mio modo. Devo dire che non è un comportamento innato, è un percorso durato tantissimi anni; per assurdo, da giovane ero più rigido, meno elastico, molto più stressato e poi ci sono state varie vicissitudini, positive e negative, che mi hanno cambiato molto e adesso sono diverso. Affronto il mio lavoro in maniera differente, dando tutto me stesso, con grande serenità. L’importante è arrivare la domenica sapendo che si è fatto tutto in settimana, dal punto di vista tecnico, psicologico, etico; quando arrivi con quella serenità, arrivi carico, con il gusto di giocare le partite e più l’avversario è forte, più è bello…”

2) Dall’inizio del campionato abbiamo notato una frase sul braccio delle sue ragazze e dell’intero staff tecnico: “Normality is not enough”. Ce lo spieghi.
“Devo dire che questo è un nostro segreto e ci piace tenerlo tale. E’ una frase mia, che è uscita con le ragazze durante l’estate per imparare a conoscerci e alla fine posso solo dire che ci rappresenta molto dal punto di vista del significato; dal punto di vista emotivo, invece, è una cosa che si crea o non si crea e con questo gruppo, devo dire, che ha avuto un forte riscontro perché tutti noi l’abbiamo vissuta come: unirci sotto un unico simbolo”.
Praticamente un rito.
“Non è l’Haka dei neozelandesi, ma nel nostro piccolo è un rituale che quando lo facciamo prima della partita, per quelle due ore sappiamo che, aldilà del nostro ruolo, siamo una sola entità. Un simbolo, un tatuaggio che ci unisce molto e se si vince il merito è di tutti”.

L’intervista completa la potete trovare cliccando qui

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