di Redazione
8 gennaio 2016
PESARO – Il rischio è quello di confondere il disagio sociale con il disagio personale. Il rischio è pure quello di strumentalizzazioni che sconfinano fuori dalla pertinenza della tragicità dell’evento in sè. La morte del 42enne Rocco Bonaposta, insegnante e laureato in filosofia, sta facendo scalpore a Pesaro, con un circolo di polemiche che sta seminando dubbi sull’efficacia del sistema dell’accoglienza e dei servizi sociali e che sta allargando la sua cassa di risonanza su scala nazionale. Perchè negli ultimi giorni sono state parecchie le tv e gli organi di stampa nazionali che hanno sottolineato il “controsenso” di una morte all’addiaccio di un italiano a breve distanza dall’albergo adibito a casa di accoglienza per i profughi.
Oggi però sulle edizioni locali di Resto del Carlino e Il Messaggero è la madre di Rocco Bonaposta a intervenire per sedare la “tendenza ad appropriarsi del nome del figlio per battaglie politiche personali“. Parole della signora Laura Ciacci che ha ribadito a chiare lettere: “Mio figlio non era un clochard. Aveva un tetto ed era amorevolmente accudito in casa propria dove viveva con la sottoscritta. Non era abbandonato a sè stesso, era un ragazzo colto, ma fragile. Che purtroppo ha perso la sua autostima per una piaga chiamata depressione. Dalla quale non si guarisce da un giorno a un altro come per un’influenza”. La sera Rocco usciva abitualmente di casa, ma nella notte dell’Epifania non è più rientrato: “Il fatto che uscisse per me era motivo di speranza – conclude la madre – significava interesse verso gli altri. Anche la scorsa notte ho aspettato che rientrasse come tante altre volte“. Ma Rocco non è rincasato, ma è arrivato l’avviso della Polizia del ritrovamento su una panchina del figlio esanime .
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