25 novembre 2014
Papa Francesco ha visitato il Parlamento europeo e il Consiglio d’Europa, articolando due interventi molto corposi che fungono da traccia per un’aspicata “ripartenza dell’Europa” attingendo ai valori originari che nel secondo dopoguerra ne motivarono la nascita. il pontefice ha parlato di diritti, umanesimo, storia, multiculturalità, diversità, economia, globalizzazione, disegnando un panorama politico unico dove i confini sono solo tratti di pennarello sulle carte geografiche, ma ad incidere sulle decisioni sono i popoli, uniti da un sentimento di fratellanza che – libri di storia alla mano – diventa anche esigenza di collaborazione politica ed economica e scambio culturale.
Parlando al Parlamento Europeo, al termine di un discorso molto articolato, Francesco ha sintetizzato che “un’Europa che non è più capace di aprirsi alla dimensione trascendente della vita è un’Europa che lentamente rischia di perdere la propria anima e anche quello spirito umanistico che pure ama e difende. Proprio a partire dalla necessità di un’apertura al trascendente, intendo affermare la centralità della persona umana, altrimenti in balia delle mode e dei poteri del momento. In questo senso ritengo fondamentale non solo il patrimonio che il cristianesimo ha lasciato nel passato alla formazione socio-culturale del continente, bensì soprattutto il contributo che intende dare oggi e nel futuro alla sua crescita. Tale contributo non costituisce un pericolo per la laicità degli Stati e per l’indipendenza delle istituzioni dell’Unione, bensì un arricchimento. Ce lo indicano gli ideali che l’hanno formata fin dal principio, quali la pace, la sussidiarietà e la solidarietà reciproca, un umanesimo incentrato sul rispetto della dignità della persona. Il motto dell’Unione Europea è unità nella diversità, ma l’unità non significa uniformità politica, economica, culturale, o di pensiero. In realtà ogni autentica unità vive della ricchezza delle diversità che la compongono: come una famiglia, che è tanto più unita quanto più ciascuno dei suoi componenti può essere fino in fondo sé stesso senza timore. In tal senso, ritengo che l’Europa sia una famiglia di popoli, i quali potranno sentire vicine le istituzioni dell’Unione se esse sapranno sapientemente coniugare l’ideale dell’unità cui si anela, alla diversità propria di ciascuno, valorizzando le singole tradizioni; prendendo coscienza della sua storia e delle sue radici; liberandosi dalle tante manipolazioni e dalle tante fobie. Mettere al centro la persona umana significa anzitutto lasciare che essa esprima liberamente il proprio volto e la propria creatività, sia a livello di singolo che di popolo. D’altra parte le peculiarità di ciascuno costituiscono un’autentica ricchezza nella misura in cui sono messe al servizio di tutti. Occorre ricordare sempre l’architettura propria dell’Unione Europea, basata sui principi di solidarietà e sussidiarietà, così che prevalga l’aiuto vicendevole e si possa camminare, animati da reciproca fiducia”.
A seguire, davanti al Consiglio d’Europa Francesco ha sottolineato le caratteristiche che tracciano il dna europeo, sulle quali occorre tornare a compiere un’opera educativa a 360 gradi, ripartendo dalla storia delle radici europee fino a riflettere sui motivi della nascita, dopo il secondo conflitto mondiale, delle istituzioni volte a garantire il dialogo e la collaborazione tra i popoli. “Parlare della multipolarità europea significa parlare di popoli che nascono, crescono e si proiettano verso il futuro. Oggi l’Europa è multipolare nelle sue relazioni e tensioni; non si può né pensare né costruire l’Europa senza assumere a fondo questa realtà multipolare. In tale logica va compreso l’apporto che il cristianesimo può fornire oggi allo sviluppo culturale e sociale europeo nell’ambito di una corretta relazione fra religione e società. Nella visione cristiana ragione e fede, religione e società, sono chiamate a illuminarsi reciprocamente, sostenendosi a vicenda e purificandosi scambievolmente dagli estremismi ideologici in cui possono cadere”.
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