11 dicembre 2012
Breve antologia di un’avventura capitatami qualche giorno fa, in un imprecisato paesone alle porte di Roma.
Sono le 22:00, entro in un bar.
Chiedo una bottiglietta d’acqua per la mia fidanzata. Il ragazzo dietro al bancone me la porge.
“Quanto pago?”.
“Un euro”.
Metto i soldi sul tavolo.
Il ragazzo mi guarda e mi dice: “Grazie. Ciao e arrivederci”.
Arrivederci? Ma come, così? E la prova d’acquisto? “Scusa, mi faresti lo scontrino?”.
Panico nei suoi occhi. Mi guarda, lo guardo. E’ teso, non sa che dire. Si irrigidisce. Poi apre bocca. “Ehm, sì… un attimo solo”.
Scompare dietro il bancone.
Guardo la mia ragazza e sorrido. So bene che quel povero “pischello” è solo l’ultima ruota del carro e che magari si attiene a delle disposizioni che arrivano dall’alto, ma lo scontrino deve farmelo.
Rimango in attesa per circa 5 minuti.
Poi ritorna. E’ rosso in viso, anche un po’ sudato. Gli trema la voce e ha un grosso quaderno ad anelli in mano. Mi dà del lei.
“Guardi, noi qui registriamo tutto. Gli scontrini li facciamo sempre. Adesso, però, abbiamo chiuso la cassa quindi…”.
Mi ha preso per un finanziere, non posso crederci.
Lo guardo, sorrido anche a lui e gli dico di stare tranquillo, che non fa nulla.
E’ imbarazzato, ma anche sollevato.
Ci salutiamo.
Avrei dovuto insistere di più, pretendere il mio scontrino, lo so…
Ma non me la sono sentita di fare storie a un ragazzo di 18-19 anni.
Ciò non significa che non abbia sbagliato.
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