Amianto, task force per pagare di meno lo smaltimento

PESARO – Rimozione e smaltimento dell’amianto: ora costerà meno. In media 100 euro a tonnellata contro i 135 di prima. Il problema, ambientale, economico e morale, diventato pressante dopo gli effetti del “terremoto bianco” dello scorso febbraio, ha avuto oggi una prima effettiva risposta congiunta tra gli operatori dell’ambiente, le istituzioni locali e le imprese. E’ questa la conclusione del tavolo tecnico permanente che, negli ultimi mesi, ha  lavorato intorno al tema della rimozione e gestione delle coperture in amianto per creare un canale “facilitato” a livello territoriale.

Non solo: l’assessore provinciale Tarcisio Porto ha annunciato che lo stesso “Protocollo è stato inviato in Regione a cui saranno chiesti dei fondi. Perché la bicicletta c’è – è stata la metafora – ma verrà chiesta l’aria per pompare le ruote”.

Porto ha poi sottolineato che “grazie alla spinta di organizzazioni come Cna e ditte deputate allo smaltimento – ha spiegato l’assessore provinciale Porto -, in seguito al terremoto bianco e con i relativi crolli estesi, abbiamo costituito un accordo pubblico-privato tra Asur, Arpam, ditte autorizzate a lavorare su questo materiale e Marche Multiservizi che ha creato una cella mono-dedicata a Ca’ Asprete di Tavullia per lo stoccaggio definitivo di alcune fibre tra cui l’amianto”.

Tutti hanno dato disponibilità concreta a ridurre il costo del ciclo di smaltimenti, il vero ostacolo  (135 euro a tonnellata) per i privati, alla luce del momento economico. “E’ stato costituito un percorso virtuoso con l’aiuto di tutti – ha sottolineato Porto -. Ora siamo in grado di aprire a chi, di nuovo, volesse partecipare. Questo è un protocollo su cui confrontarsi, con una tavolo permanente. Un lavoro virtuoso con Arpan e Università, grazie al microscopio Sem: una nuova mediazione, che si inserisce in una strategia concreta”. Del dettaglio Marchemultiservizi riuscirà a proporre un 20% sullo sconto tariffario, a cui si sommerà il 10% delle ditte e il 20% dell’Arpam. Un modello virtuoso che si cercherà di esportare in altre zone d’Italia.

Gilberto Giannini, dirigente dell’Arpam: “L’amianto è fuorilegge da 22 anni. Prima amianto friabile, che è già stato quasi tutti rimosso. Ma col tempo le coperture di cemento in amianto si sono degradate  per via delle piogge acide. E le fibre di amianto originariamente immerse nel cemento, oggi si trovano libere e resistono talmente bene e sono talmente piccole che poi si infilano negli alveoli polmonari. Un capello in proporzione può sembrare come un grattacielo. Non lo si vede ma c’è. No, però, alla psicosi: fin quando non lo si tocca o manipola non è in grado di dare diffusione di fibre. Ma quando ci sono rotture e crolli di tetti, allora, bisogna intervenire. Anche perché ci vogliono diversi anni tra l’esposizione e l’insorgenza delle malattie. L’amianto, come malattia professionale, non a caso è di gran lunga la prima causa di morte: oltre 1000 morti all’anno”. A Pesaro c’è il centro regionale per l’amianto che lavora per tutta la regione, anche grazie al Sem (speciale microscopio elettronico), uno strumento costoso da mantenere “Abbiamo visto bene la proposta dell’accordo con Università di Urbino e Arpam per utilizzarlo al meglio – ha rimarcato Giannini -. Ad oggi iniziamo ad avere personale ma cerchiamo di potenziarlo ancora per la creazione di un gruppo che dia una produzione di alto livello e sostenibile (vengono effettuate centinaia di analisi sull’amianto, all’anno, a cui si aggiunge la formazione di personale, ndr). Abbiamo chiesto accreditamento al Ministero della Salute per le tecniche di analisi del Sem”.

 

Attività sollecitata dalla Cna, Camilla Fabbri: “Ringrazio la dottoressa Riccioli e dottor Baldarelli che seguono da vicino la problematica. No al terrorismo psicologico ma è un problema serio. Come i costi. La nostra associazione si è impegnata in questo senso, ringrazio imprese che smaltiscono l’amianto e quelle che hanno subito i danni e devono smaltire il materiale. Speriamo che la cosa sia socializzata”.

 

Quattro le ditte che hanno aderito: Mariani, Gambini, Decsa e Petroltecnica.

 

Il geometra Giacomo Paolucci della Gambini: “Siamo accreditati da 2 anni alla rimozione amianto, ci siamo accreditati a questo protocollo, lavoriamo nelle ristrutturazione edilizie, lavoriamo nell’ottica di ridurre il rischio. Noi, la nostra parte, la faremo”.

Sarà una piccola comunità tecnica.

 Giovanni Cappuccini, dell’Asur Area Vasta 1 di Urbino: “Su 29 comuni sono crollati oltre 300 capannoni, in alcune realtà ancora da gestire abbiamo migliaia di metri quadrati crollati e materiale cementizio da gestire. Ben venga questo accordo: favorisce i piccoli e i grandi quantitativi da gestire, per un motivo economico ma anche sanitario (l’amianto, più circola, più si espande e può colpire tutti nel suo tragitto) degli, ndr addetti ma anche altri. C’è un limite di 30 giorni di fermo, ma alcune ditte non potevano e c’è stata così una nostra velocizzazione delle procedure”.

Si eviteranno trasporti fuori provincia, con la costruizione monodedicata.

Mauro Tiviroli, amministratore delegato di Marche Multiservizi: “Un territorio deve avere una piattaforma impiantistica dedicata, era già nella nostra filosofia, abbiamo 7 persone abilitate e formate nell’attivitòà di rimozione. Non per grosse rimozioni ma piccole attività di mercato che sarebbero oggetti di abusivismo negli scarichi. Questo protocollo ha velocizzato il percorso. Tra un mese-due siamo in grado di creare questa cella con relativo sconto.

L’assessore Luca Serfilippi del Comune di Fano che, al pari di Pesaro, ha firmato il protocollo: “Ci fa piacere, anche se sono poche le ditte di Fano che hanno avuto problemi con la neve. Rinnoveremo la richiesta alla Regione di fondi”. Porto ha rimarcato: “Inviteremo la Regione ad assumersi le responsabilità economiche, magari con una legge più regolamentata della precedente”

 

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